Sito ufficiale della Piccola Opera della Divina Provvidenza

News

16 Marzo 2024

Ucraina: La pesante situazione dopo due anni di guerra

L'aggiornamento da don Moreno Cattelan, che prosegue la missione orionina tra Kyiv e L'viv.

image

«Come non si può spegnere il fuoco con il fuoco, né asciugare l'acqua con l'acqua, così non si può eliminare la violenza con la violenza» (Lev Tolstoj).

Situazione Attuale

La guerra in Ucraina continua con il suo carico di morte, distruzione, allarmi quotidiani, bombardamenti e paura. Lo scenario iniziato il 24 febbraio 2022 è ben delineato. Milioni di persone hanno dovuto lasciare la propria casa fuggendo all’estero o cercando rifugio all’interno nelle città meno soggette agli attacchi giornalieri dell’esercito russo. La situazione che ci attende per il futuro è davvero complicata, difficile ed allarmante. La certezza della “vittoria”, dopo le sconfitte di questi giorni, sta cedendo il passo ad uno scoramento su diversi fronti, e non solo quello militare, ma anche a livello politico, psicologico, morale. A tutt’oggi due sono le realtà certe: da qualche settimana siamo entrati nel terzo anno di guerra e il computo dei morti, dispersi, feriti, (anche tra la popolazione civile), che aumenta di giorno in giorno. Inoltre, noi che quotidianamente lavoriamo con i poveri i profughi e gli sfollati, notiamo come la soglia della povertà si sta innalzando colpendo non solo la fascia dei nullatenenti o senzatetto, ma anche anziani, famiglie, persone disabili o bisognose di cure mediche. Questa assurda guerra sembra protrarsi per le lunghe. Difficile trovare una via di uscita.

Dentro la guerra…la guerra dentro

Questa guerra anomala la stiamo vivendo “da dentro” in prima persona. Noi “Figli della Divina Provvidenza” a L’viv e a Kyiv; le “Piccole Suore Missionarie della Carità” a Charkiv, città che da due anni a questa parte è bombardata giorno e notte. Dentro questa guerra noi ci siamo fin dal primo giorno avendo deciso di restare con la nostra gente, i nostri amici disabili, i bambini, i ragazzi, le famiglie ma, soprattutto i poveri, i senzatetto, i profughi e gli sfollati. Nel dialogo quotidiano con la gente sperimentiamo come il meccanismo perverso della guerra si ripete sempre uguale con il suo carico di morte, distruzione e paura. La guerra rafforza l’odio, che poi è difficile da superare e con cui è difficile convivere perché distrugge l’uomo. La guerra non si combatte solo al fronte o in zone strategiche, ma dentro la coscienza di ognuno di noi. Per questo motivo negli incontri informali come durante le liturgie o in altri momenti cerchiamo di rincuorarci l’un l’altro. Con cautela e criterio, cercando di usare parole e compiere gesti che in qualche modo siano un piccolo segno di riconciliazione e pace per tutti e con tutti. E vi assicuro, non è una impresa facile.

Le ferite quotidiane

Ci sono ancora molte ferite aperte che bruciano o stentano a rimarginarsi. La gente viene a confessarsi e chiede: “Come facciamo a perdonare?". Oppure ti confida che hanno ospitato in casa dei profughi che continuano a ripetere il “meme” della propaganda russa contro gli ucraini. Puoi dire loro qualche parola di conforto o di speranza, esortarli a pazientare, ma poi ci sono immagini terribili, storie inverosimili e tragedie familiari di fronte alle quali non sai più che dire o come uscirne. Cosa dici agli animatori dell’oratorio che hanno già perso due giovanissimi amici del gruppo (uno dei due, Oleh, disperso dall’estate scorsa) o hanno il papà in trincea ad Avdiyika? Come placare il calvario di un anziano parrocchiano che tutte le domeniche viene a confessarsi e sfoga il suo dolore raccontando del figlio più giovane, Bogdan, partito a settembre per il fronte e del quale non ha più notizie da mesi? Tenti di convincerlo che magari il suo Bogdan sia stato fatto prigioniero, sia ancora vivo, ma ogni giorno che passa la lama della disperazione penetra sempre più profonda nel suo e tuo cuore. Cosa dici alle persone che ti confidano: “Da quando è iniziata la guerra non riesco più a pregare come prima…maledico questa guerra e chi l’ha iniziata”? Ogni giorno su FB leggiamo: “Anche oggi è morto un mio compagno di scuola e sono già due…ieri hanno ucciso un mio vicino di casa; 23 anni!...hai presente Andry fratello di Roman nostro compagno al liceo; ci sarà il funerale domani…”. Una litania quotidiana. I corpi dei nostri soldati morti vengono raccolti e le salme consegnate ai famigliari per la sepoltura che si svolge in modo solenne e partecipato. Le salme dei soldati russi giacciono nelle trincee e dentro i carri armati bombardati, distrutti e abbandonati. Nessuno si cura di loro... Cosa pensare quando constati che i nostri bambini conoscono a memoria ogni tipo di bomba, di drone, di carrarmato e di fucile sgranando i loro nomi tecnici come noi da piccoli sapevamo tutti i nomi delle figurine dei calciatori? La guerra non si combatte solo al fronte, lanciando droni e missili a lunga e corta gittata o scavando nuove trincee nel ventre della terra. Questa guerra è dentro la nostra pelle ma soprattutto si annida nella coscienza della gente rendendola prigioniera del rancore, dell’odio e della vendetta.

La nostra presenza

Viviamo questa guerra in un contesto ancora carico di paura, di amarezza e a volte anche di delusione, aspettando una pace che tarda a vincere mentre armi, droni, bombe, carri armati dettano l’agenda della più assurda delle azioni al grido di: “E guerra sia!”. La guerra ti trasforma e ti distrugge, come la goccia che cadendo lentamente, giorno dopo giorno, ferisce la pietra. Nonostante questa fatica, fisica e psicologica, fin dall’inizio dell’invasione da parte dei russi non abbiamo lasciato l’Ucraina e le nostre attività pastorali e di promozione sociale, consapevoli che anche la semplice presenza può smuovere le coscienze. Nonostante le difficoltà legate alla situazione attuale continuiamo la nostra opera missionaria senza sosta. All’inizio consisteva nel dare una prima accoglienza e sostegno morale e materiale ai profughi (soprattutto donne, bambini e persone con disabilità) costretti a scappare dai territori del Donbass e non solo e a organizzare viaggi umanitari in Italia per quanti volevano lasciare il paese. Ora cerchiamo di farci prossimo offrendo un aiuto umanitario a tanti poveri e senza tetto, avvicinando bambini, ragazzi e le famiglie, creando per loro e con loro momenti di incontro, confronto e svago. In particolare, siamo impegnati su quello che abbiamo definito il “fronte della carità” prestando un aiuto materiale a persone meno abbienti. A tutt’oggi garantiamo tra L’viv e Kyiv questo tipo di assistenza a circa 400 persone, dando loro anche medicinali, materiale per l’igiene personale ed indumenti. A Kyiv, al gruppo iniziale di senzatetto, si sono ora aggiunte molte altre persone soprattutto anziani, profughi, persone con disabilità e ultimamente anche soldati ricoverati in condizioni fisiche e materiali davvero precarie che traggono giovamento da questo piccolo servizio che continuiamo a svolgere grazie all’aiuto concreto che viene dall’Italia, tramite l’invio periodico di materiale utile. Da qualche settimana collaboriamo con alcune parrocchie della Archieparchia di Kyiv per portare aiuto e conforto oltre i confini della città. Una risposta concreta per condividere i tanti i gesti di solidarietà, aiuto e vicinanza che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere. La Divina Provvidenza sa che ci siamo e dove siamo!

Come ci immaginiamo la pace

Quando la gente dice che vuole la pace, si immagina che l’Ucraina smetta di sparare. Ma se l’Ucraina si dichiarasse sconfitta, sappiamo per certo che la Russia imporrà un regime d’occupazione, non ci sarà una convivenza pacifica. Per noi pace significa innanzitutto persone liberate, perché, oltre alle centinaia di migliaia di bambini rapiti, ci sono migliaia di civili e di militari che si trovano in prigione in Russia, milioni di persone che vivono nei territori occupati, nei villaggi e nelle città. Prima di tutto bisogna liberare tutte queste persone, che devono essere messe al sicuro, devono potersi riunire alle proprie famiglie e non essere continuamente esposte ai bombardamenti e al rischio costante che le loro case vengano distrutte. In secondo luogo, anche noi ci stiamo interrogando molto, per esempio, sul ritorno a casa dei soldati, come accoglierli, come favorire la loro reintegrazione nella società, come aiutare il paese in base al fatto che c’è un gran numero di invalidi, di persone con disabilità e l’Ucraina non è mai stata attrezzata per rispondere ai loro problemi. Inoltre, l’80% della popolazione risente di traumi psicologici legati al conflitto in atto. Pertanto, un grande compito sarà quello di guarire queste ferite del corpo, dell’anima e della memoria. Infine, la terza priorità (la più difficile e impegnativa) consiste non solo nel liberare il territorio e riorganizzare la società in modo inclusivo, ma liberare le persone dall’odio accumulato in questi mesi di occupazione, di delitti, rapimenti, torture, maltrattamenti, prevaricazioni, violenze di ogni genere. Sicuramente la sfida più impegnativa che non possiamo in alcun modo eludere. Crediamo che la nostra presenza, animata dal carisma e dallo spirito di Don Orione, possa in qualche modo innescare questo processo di riconciliazione e convivenza.

Don Moreno Cattelan

Galleria fotografica

© Le immagini potrebbero essere soggette a copyright