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23 Marzo 2024

Burkina Faso, la situazione attuale tra prospettive e speranze

Don Antonio Mussi, missionario orionino, racconta la situazione del Paese africano, dove la Congregazione è presente con sei comunità, e dal quale continuano ad arrivare notizie di drammatici attacchi terroristici

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Continuano ad arrivare notizie drammatiche dal Burkina Faso. All’inizio del mese di marzo, circa 170 persone sono rimaste uccise a seguito di tre attacchi contro altrettanti villaggi (Komsilga, Nodin e Soroe) nel nord del paese, nella provincia di Yatenga. Appena pochi giorni prima, il 25 febbraio, sono stati commessi massacri separati in una moschea nel nord-est del paese e in una chiesa cattolica di Essakane, al confine con Mali e Niger.

Il Burkina Faso è quindi sempre più in preda all’instabilità e alla violenza jihadista, ed è da ormai una decina d’anni che il paese africano vive una situazione sociale e politica delicata e critica, come ci racconta don Antonio Mussi, missionario orionino oggi impegnato presso la parrocchia di Saint André ad Ouessa, nella diocesi di Diébougou:

«Il Burkina Faso (che tradotto significa “Paese degli uomini integri”), che fino al 2 agosto 1984 si chiamava Alto Volta, è il risultato della politica coloniale e post-coloniale francese. I suoi confini sono stati tracciati alla conferenza di Berlino del 1884-1885, dove le nazioni europee si spartirono gran parte dell’Africa con lo scopo di sfruttarne le materie prime. Sono presenti una sessantina di etnie: Mossi, Peul, Bobo, Gourounsi, Dagari-Lobi, Bisa, Mandingue, Sénoufo, Gourmantché, con le relative lingue parlate di cui le principali sono: moré, fulfuldé (o peul), dioula, bissa. Dal dicembre 2023 il francese non è più lingua nazionale ma resta in uso come lingua di lavoro».

I problemi più recenti, però, hanno inizio nel 2014: «Tra il 30 e il 31 ottobre – spiega don Mussi – un’insurrezione popolare e militare ha costretto all’esilio Blaise Campaoré, presidente della Repubblica in carica da ventisette anni, con la benedizione del governo francese, e che voleva ripresentarsi alle elezioni per la quinta volta. Da allora la gente ha cominciato a reclamare con grande forza più trasparenza, più giustizia e democrazia. In quello stesso periodo cominciarono apparire i terroristi islamici a partire dal nord lungo i confini col Mali e il Niger, frontiera che raggiunge i 1628 km. Oggi sono presenti anche nel sud-ovest, intorno alla città di Banfora, fino ai confini con la Costa d’Avorio, e anche nell’est intorno alla città di Fada Ngourma, regione ai confini con il Benin e il Togo. Uccidono la gente nei villaggi della savana, rubano il bestiame, occupano edifici dell’amministrazione statale, mettono le mani su miniere dove si estrae oro e diamanti. La gente fugge verso il sud del paese, nelle grandi città. Si calcola che gli sfollati a causa dei terroristi hanno raggiunto la cifra di due milioni».

Qualcosa però ha iniziato a cambiare a partire dal settembre del 2022: «Dopo un periodo di tentennamenti e incertezze nella conduzione del paese, - prosegue don Mussi – un capitano delle forze armate di soli 34 anni, Ibrahim Traoré, con l’aiuto di un gruppo di militari e senza violenza, ha preso il potere, avviando un periodo di transizione che dura a tutt’oggi. È da un anno e mezzo, quindi, che sono in carica le nuove istituzioni dello stato: governo, parlamento, amministrazione statale e regionale funzionano efficacemente.  Uno dei problemi principali del governo di Ibrahim Traoré è perciò liberare il Burkina, calcolato nel 60% del territorio, dai terroristi e da quelli che occultamente li sostengono e li finanziano. Si è dovuto riorganizzare e rafforzare l’esercito in effettivi e armamenti. Sono state costituite delle unità di volontari che in ogni regione del paese, giorno e notte pattugliano e sorvegliano il territorio. I terroristi sono seguiti e controllati dal cielo con droni e aerei spia e vengono bombardati con missili quando si radunano nelle savane per organizzare le loro incursioni. Così si è potuta liberare una parte significativa del territorio, facendo ritornare la gente nei loro villaggi».

Le sfide, però, non si fermano qui. C’è infatti la necessità di riappacificare e unificare la popolazione, come evidenzia sempre don Antonio Mussi: «L’altra grande scommessa è far diventare le sessanta etnie del Burkina un solo popolo. Certo è un cammino difficile e pieno di incognite ma credo che, con gli impulsi e le iniziative del governo di transizione, ci si sia messi sulla buona strada. L’obbiettivo da raggiungere è diventare veramente indipendenti e autonomi in tutti campi e settori della vita sociale, finanziaria e economica con la partecipazione e l’impegno di ogni uomo e donna del Burkina Faso. La stessa strada è stata intrapresa dal Mali e dal Niger con buoni risultati. Non è un caso che i tre stati (Burkina Faso, Mali e Niger, appunto) stiano arrivando ad un accordo per unirsi in alleanza o federazione. Per il momento costituiscono l’Allenza degli Stati del Sahel (AES). Spero solo che ai tre stati non manchi chi, come Mosè, possa condurli fino alla terra promessa”.

In questo clima di incertezza e terrore, non si è mai fermata l’opera missionaria della Congregazione orionina, con l’impegno di don Mussi e degli altri religiosi attivi sul territorio: «In Burkina Faso la prima evangelizzazione è stata fatta dai Padri Bianchi e attualmente la Chiesa Cattolica è composta da dodici diocesi.  La nostra Congregazione è presente dal 1999 quando si decise di aprire lo studentato di filosofia a Ouagadougou (la capitale) per i nostri seminaristi. Attualmente sono sei le comunità orionine presenti in Burkina Faso: nella capitale dove attiguo allo studentato di filosofia è sorto il Centre Don Orione per il recupero di persone disabili; a Tampelin con un dispensario e aiuto pastorale alla parrocchia; a Banfora dove i confratelli sono impegnati nella cappellanie dell’ospedale e delle carceri; a Ouessa i sei religiosi presenti sono impegnati nella parrocchia e nella scuola professionale; a Kayao in una parrocchia rurale con ventiquattro comunità cristiane; a Gaoua dove il vescovo ci ha chiamati per fondare la seconda parrocchia cittadina che è stata ufficialmente aperta lo scorso novembre».

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