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28 Maggio 2024

Brasile: La missione orionina in Amazzonia - VIDEO

Don Flaviu Enache racconta l'attività che la Congregazione sta portando avanti dal 2022 a Novo Aripuanã, nello Stato brasiliano di Amazonas.

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Per raggiungere la città di Novo Aripuanã, nello stato di Amazonas, in Brasile, l’unico modo possibile è partire dalla capitale, Manaus (a poco più di 400 km di distanza in linea d’aria), e da lì prendere un traghetto, che in 30 ore discende prima un tratto del Rio delle Amazzoni e poi del Rio Madeira. Solo il fiume, e nient’altro. Tramite esso, arrivano in città le persone, le merci, i medicinali e tutto il resto.

Ed è in questa città, così difficile da raggiungere, che dal 2022 l’Opera don Orione ha avviato una nuova missione, su richiesta del Vescovo della diocesi di Borba.

Due sacerdoti e un seminarista, che ad oggi gestiscono 3 cappelle (ma presto saranno 5). Tra di loro, c’è don Flaviu Enache, nato in Romania, orionino dal 2009, che quando ha sentito dell’opportunità di avviare una missione dall'altro capo del mondo, ha dato subito la sua disponibilità al Direttore Generale.

Nel 2024, per la prima volta da quando la missione ha avuto inizio, è riuscito a compiere il viaggio a ritroso e tornare per qualche settimana in Europa, dove racconta che tipo di situazione ha trovato in Brasile e cosa è stato fatto in questi due anni: «È molto difficile da qui comprendere il tipo di vita che c’è laggiù. A Novo Aripuanã vivono circa 20.000 persone, la città più vicina è a 10 ore di traghetto, e di città grandi ce ne sono quattro in totale nello Stato. In mezzo, però, ci sono tantissime persone che vivono in micro villaggi, a volte fatti di 4 o 5 abitazioni, che sono ancora più difficili da raggiungere. Ci si muove soltanto con imbarcazioni, spesso piccole, perché non sempre i tanti fiumi della zona sono abbastanza profondi, soprattutto d’estate quando si registrano variazioni di altezza dell’acqua anche di 10-15 metri rispetto all’inverno. È una realtà molto lontana dalla nostra. Anche per noi religiosi non è facile, queste condizioni fanno sì che in tutta la diocesi ci siano appena 17 sacerdoti. A Novo Aripuanã siamo noi orionini e altri due indiani, gli altri operano in altre città e in altre zone. Questo significa che tra il numero esiguo e la difficoltà negli spostamenti, a volte riusciamo a visitare le comunità solo una volta l’anno».

 

Non sono però soltanto i trasporti il problema della zona. Anche le condizioni sociali di chi vive lì sono complesse. «La città dove siamo noi – spiega don Enache – è stata costruita 60 anni fa, ed è stata da subito abitata da persone che si sono trasferite dal sud del Paese. Il governo brasiliano allora aveva in mente di urbanizzare questa zona, ma le cose non sono andate bene, a causa delle malattie che ci sono qui, come la malaria, e della terra che non è abbastanza buona per coltivare la maggior parte dei cibi. Oggi questa è quindi una città in fin dei conti giovane, che non ha un’industria né una tradizione. Le persone vivono generalmente in povertà, perché le opportunità sono poche: c’è il lavoro nel pubblico (amministrazione, sanità, educazione), c’è qualche piccolo negozio, c’è chi lavora nella foresta, tagliando gli alberi, ma con attività che spesso si sviluppano oltre il confine della legalità, oppure ci sono soltanto i sussidi dello Stato, che però non incentivano molto una vita attiva. Purtroppo però tanti sono ormai abituati a vivere così. A sopravvivere, è meglio dire».

I primi tempi di don Flaviu e degli altri confratelli in quella zona sono serviti per comprendere bene la situazione e le esigenze della popolazione, e iniziare a spargere i primi semi. Ora sono pronti per un ulteriore passo in avanti: «Il nostro tempo finora è stato dedicato a dare assistenza religiosa alle persone che non ne avevano. Qui in tanti sono seguaci di piccole chiese protestanti evangeliche che hanno visto uno sviluppo grande e veloce in tutto il Brasile e che nascono dalla sera alla mattina, senza una struttura ma solo per volere di un pastore. Poiché le persone non hanno una grande preparazione culturale o intellettuale si lasciano facilmente ingannare da queste persone che spesso fanno promesse irrealizzabili oppure giocano sulla paura delle persone. A volte poi diventano anche pesanti perché chiedono la cosiddetta decima (il 10% del reddito, ndr) che per molte persone è un sacrificio. Noi facciamo fatica, perché loro possono usare anche metodi poco convenzionali che noi non usiamo. Per esempio, parlano male di noi alle persone, cosa che noi non facciamo, ovviamente. Però siamo riusciti a creare una comunità, e ora siamo pronti a partire con i primi progetti, insieme anche alla Fondazione Don Orione».

Tra i primi beneficiari ci saranno senza dubbio i ragazzi. «La maggior parte della popolazione – dice don Enache – è molto giovane, perché le famiglie fanno tanti figli e le ragazze spesso sono incinta già a 15 o 16 anni. Per loro, però, non c’è niente. Anche la scuola, per chi ci va, comincia la mattina alle 7 e alle 10 è già finita. Poi hanno davanti una giornata da riempire e spesso purtroppo finiscono a bere, o a drogarsi, perché le sostanze arrivano anche qui, via fiume. Noi vogliamo aprire un centro sociale, simile a un oratorio, per concentrarci su di loro, dargli un punto di riferimento, uno spazio sicuro, aperto, dove ci siano attività da fare e che possa favorire anche un cambio di mentalità. Abbiamo in mente corsi d’informatica, di cucina, ma anche spazi per giocare a calcio, che loro amano molto, un cinema. Qui hanno la televisione, i cellulari, ma non hanno nessuno che li aiuta a scegliere cosa guardare. Noi vogliamo dare loro questa visione, utilizzare anche i film per educarli». È proprio questo l’obiettivo della missione secondo don Enache che afferma: «Io spero che in poco tempo la nostra presenza sia non più simbolica, ma significativa, che possa cambiare qualcosa nella mentalità della gente e in particolare dei giovani, che possiamo aiutare la popolazione a svilupparsi e non solo a sopravvivere. Lasciare un segno per un inizio migliore».

 

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