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6 Giugno 2024

Al Convegno dei Gruppi Studi le relazioni da Africa, Brasile, Italia, Polonia e ISO

Terzo giorno di lavoro per i Gruppi di Studi Orionini riuniti presso la Curia Generale in Roma.

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Nella giornata di ieri sono proseguite le relazioni dei gruppi provinciali, con la prima che è stata quella della Provincia "Notre Dame d’Afrique", presentata da padre Sylvain Dabiré: «Quando la Congregazione di Don Orione arrivò in Africa Occidentale, i bambini disabili così come venivano percepiti rappresentavano un settore privilegiato per l'attualizzazione del carisma orionino. Ma i tempi sono cambiati e l’evoluzione dei sistemi sanitari di questi paesi ha causato un enorme calo della poliomielite e una notevole riduzione del numero dei “bambini serpente”. Questa categoria quindi non costituisce più una priorità o un'originalità al giorno d'oggi. Allo stesso tempo, l’evoluzione globale delle società ha paradossalmente generato nuove povertà che potremmo anche chiamare nuovi “bambini serpente” poiché considerati rifiuti della società, come quelli trovati dai missionari orionini al loro arrivo. E questo nuovo contesto invita anche i Figli di Don Orione a cambiare strategia e ad osare la novità intraprendendo strade insufficientemente o ancora inesplorate. Per realizzare questo cambiamento, questa Provincia ha bisogno di persone audaci, che corrano il rischio di rompere con un certo status quo, per andare verso nuove strade e intuizioni come a loro tempo Don Orione o Padre Angelo Mugnai. In altre parole, è giunto il momento per l’emergere di un nuovo tipo di leader religioso carismatico».

A seguire, Bernadeta Golebiowska ha presentato il lavoro e l’azione dell’ISO in Polonia: «C’è un’urgente necessità di ascoltare la voce dei laici. Nel nostro Paese il governo ha abolito l’istruzione religiosa obbligatoria nelle scuole, sempre meno perone si identificano con la Chiesa e così i giovani crescono in un clima di incertezza, volatilità e assenza di sostegno delle famiglie, che spesso si disintegrano. In questo clima, però, potremmo sviluppare nuove forme di evangelizzazione, coinvolgendo l’intera Famiglia carismatica orionina e creando attività che permettano la nascita di relazioni, di cura dei più giovani e di legami più forti”.

La mattina è stata chiusa da suor Priscila Olivera, che ha presentato un volume in uscita ad agosto che racconta la storia dell’attività delle suore orionine in Brasile, in particolare nella Diocesi di Tocantinopolis, iniziata ormai 70 anni fa.

Dopo la pausa pranzo, il primo contributo è stato quello di don Malcolm Dyer, con una riflessione del Gruppo Studi di Kenya e Tanzania «sul “Vino Nuovo”, cioè sulle persone che in questo periodo storico entrano nella Famiglia Religiosa Orionina come candidati alla vita religiosa e al sacerdozio. Quali caratteristiche presentano e in cosa si differenziano dai candidati del passato? Bisogna proporre dei suggerimenti formativi adatti a loro, ma è diventato chiaro che anche noi che siamo già nel periodo di formazione iniziale e quelli di noi che sono nel periodo di formazione continua potremmo aver bisogno di diventare nuovi “otri”, perché il nostro stile di vita e la nostra comunicazione al popolo del “vino nuovo” non li aiutano ad adottare gli atteggiamenti e i comportamenti che lo Spirito Santo, la Chiesa e il nostro Fondatore si aspettano da loro”.

Quindi è stata la volta di don Flavio Peloso, che ha parlato del carisma nelle opere orionine: «Il nostro carisma è unico e cattolico, universale e meta-culturale. L’origine e l’originalità del carisma sono strettamente connesse e formano l’identità incarnata. Le opere di carità, qualunque opera orionina di carità, è della città e non solo per la città e inoltre ha una missione, ideale nello scopo, ma pratica nell’impostazione, religiosa e civile. Ogni opera è anche tridimensionale, cioè insieme assistenziale, educativa e pastorale, ed è chiamata a curare sia il servizio di qualità sia quello di pronto soccorso, due dinamiche ben differenti ma non inconciliabili, perché fanno parte dell’origine e dell’originalità di don Orione. È noto che don Orione volle qualificare le sue istituzioni, come il Piccolo Cottolengo, sempre con il nome della città o della cittadinanza in cui le apriva. Può sembrare un dettaglio, ma è una nota originale di identità, era l’appartenenza e la destinazione dell’opera: la città, la società, non solo i poveri accolti. Oggi siamo in un tempo in cui è fortissima l’urgenza di una coscienza nuova della missione religiosa missione e per essere incisivi dobbiamo essere noi stessi carichi di carità».

Infine, don Fernando Fornerod ha presentato il lavoro dal titolo “La spiritualità delle relazioni”, realizzato da Sr. Irma Rabasa e da Lia Sirna, entrambe impossibilitate a partecipare ai lavori: «L’uomo è un essere relazionale, e senza relazionarsi con gli altri non può neanche comprendere sé stesso. Tutti sentiamo il bisogno di amare ed essere amati, di avere delle relazioni autentiche e significative. Ma, non è scontato che queste, siano facili da realizzare, anche tra persone che hanno scelto nella loro vita di rispondere alla chiamata di Dio in una determinata famiglia religiosa dentro la Chiesa. Per arrivare a vivere relazioni autentiche è necessario viverle non in un modo qualunque, bensì avendo come modello ideale l’immagine di Dio-Trinità. E per avere relazioni di comunioni e viverle fino in fondo serve tenere sempre presenti la fede, la speranza e la carità”.