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Ricordiamo Sac. PERLO Pietro

Qualifica religiosa: Sacerdote
Data del decesso: 29 Gennaio 1965
Luogo del decesso: Roma
Luogo di sepoltura: Roma, cimitero Verano

Sac. PERLO Pietro, da Savona, morto a Roma nel 1965, a 45 anni di età, 27 di Professione e 18 di Sacerdozio.


Da "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Gennaio - Febbraio 1965, p.60-63:

Per la improvvisa morte di Don Pierino Perlo

Roma, 30 Gennaio 1965

Carissimi in Gesù Cristo,
la pace del Signore sia sempre con noi!

Ieri sera, sul chiudersi della giornata di San Francesco di Sales — trascorsa nei ricordi di 25 anni fa, quando alla Casa Madre di Tortona ci si preparava col Venerato Fondatore a quella che sarebbe stata l'ultima sua festa di San Giovanni Bosco — il nostro caro Don Pierino Perlo è stato improvvisamente chiamato al Signore. Si trovava da qualche settimana ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli di Monte Mario perché, ai disturbi di cuore di cui soffriva da tempo (ma non gli avevano mai impedito di continuare la sua generosa fatica presso l'Economato Generale,) s'erano aggiunte recentemente altre preoccupanti complicazioni. Si pregava tanto per lui e pareva stesse riprendendosi, così che sperava di ritornare presto in Curia. Nel tardo pomeriggio di ieri aveva subito un piccolo intervento esplorativo ed il risultato era stato favorevole. Due ore dopo, una embolìa cerebrale lo stroncava in modo fulmineo.Il buon Don Mendicino, che, degente nella stessa cameretta, gli era accanto, se lo è visto morire fra le braccia senza che avesse più potuto dire o intendere una parola... nulla. Aveva 46 anni di età, 28 di professione, 19 di sacerdozio. Si era prodigato esemplarmente al San Giorgio di Novi Ligure nell'assistenza ai giovani, pieno di vita e di entusiasmo; poi aveva offerto la sua collaborazione, in umiltà, al Piccolo Cottolengo Genovese, tanto contento di lavorare per i più poveri. Da diversi anni era a .Roma, addetto all'Economato Generale e, pur con la salute divenuta assai fragile per una grave sofferenza di cuore, si prestava con un'attività solerte ed instancabile, intelligente e pazientissima, soprattutto distinguendosi per il tratto amabile e dolce e quel suo tenersi sempre a disposizione di chiunque gli chiedesse un favore, lieto com'era (e glielo si leggeva sul volto sorridente, negli occhi buoni) di rendersi utile, e subito, e verso tutti. Pur nelle occupazioni che lo assillavano, sapeva trovare il tempo per aiutare nella Parrocchia dì Ognissanti, sollecito ogni qualvolta occorresse una Messa o si chiedesse una mano per le confessioni, per qualsiasi servizio. Che anzi, sapeva intuire con rara finezza, e prevenire. Come ci edificava, al mattino, quando, appena finita la meditazione,.si avvicinava a Don .Risi e mettendogli una mano carezzevole su le spalle, lo invitava alla S. Messa, conducendolo con filiale pietà e la premura di una mamma per il proprio bambino infermo: lo assisteva nella S. Messa, e poi era pronto - specie durante il Concilio - a servirne un'altra Messa, un'altra ancora, con tanta amabilità e pazienza. In certi periodi era quasi solo in Curia, col suo lavoro monotono di registrazione, con i vari impianti e servizi e commissioni della Casa cui attendeva con amore (industrioso come era), sbrigando sempre tutto, e magari... di corsa, dimenticando spesso le raccomandazioni che da ogni parte gli si facevano di non correre, di aversi riguardo... E così, a tavola, era attento ad accaparrarsi il libro per la lettura, quasi ogni giorno, desideroso di sobbarcarsi lui a quello che, per altri, a volte, può forse diventare un fastidio. Faceva quasi dolce violenza a chi tentava di evitargli quella piccola fatica ed un bel sorriso spuntava sul volto affilato, pallido, dagli zigomi rossi e dagli occhi così espressivi... Era il suo stile. È questa singolare sua mitezza e bontà generosa, premurosissima, che rende in quest'ora più vivo il nostro rimpianto, mentre siamo in preghiera attorno alla sua salma, stretti al carissimo Don Clemente che, a pochi mesi dalla morte della mamma, ha perduto anche il fratello prediletto senza aver avuto il conforto di essergli vicino nel momento del transito e di accoglierne l'ultimo respiro. Gli era molto spesso al capezzale, con Don Parodi, Don Sciaccaluga, con i confratelli della Curia, di tutte le Case di Roma, particolarmente di Monte Mario: lo aveva visitato ancora ieri sul mezzogiorno, mentre Don Pierino stava tranquillamente consumando il suo pasto, con la abituale serenità e fiducia, anzi quasi scherzoso per quella ingenuità che gli dava a volte il tono di un fanciullo) per la speranza ormai di lasciar presto l'ospedale, come si esprimeva anche con la buona Madre Maria Croce che era stata verso le 16 a trovarlo con alcune consorelle. E doveva, di lì a poche ore, tornare in Curia, ma per esservi composto in una camera ardente. Ho celebrato stasera per la sua cara anima la Santa Messa dai Mutilatini. Mi avevano invitato da tempo per la settimana delle Vocazioni, organizzata con mirabile fervore di iniziative: una bellissima mostra, una pesca che ha già fruttato oltre duecentomila lire per il lebbrosario del Goiàs. Che bravi ragazzi! E quale edificazione per me, nel loro contegno cosi pio e raccolto, nei mottetti funebri eseguiti, soprattutto nelle numerosissime Comunioni di piccoli e grandi. Quanto pregare e quanto lavorare — mi diceva il caro Don Zanatta — lungo l'intera settimana, da parte di tutti i ragazzi, per le vocazioni: e invece ci è stato portato via, in momento di sempre più grande bisogno, un sacerdote che era tanto prezioso! Rivedo le bare dei sei Padri Cappuccini — alla Madonna di Campagna di Torino — presso le quali abbiamo sostato in preghiera con l'amatissimo Mons. Dabrowski, la settimana scorsa. Il tragico scontro avvenne presso Bra, mentre il Padre Provinciale e i cinque confratelli tornavano da un convegno di studi per incrementare le Vocazioni... Misteriosi disegni di Dio! A noi non rimane che adorare, sempre e soprattutto in queste prove tremende, la volontà del Signore, chiedendo a Lui che accresca la nostra povera fede e trasformi in luce le nostre tenebre. Come aveva chiesto e ottenuto Frate Ave Maria... Lo meditavamo domenica scorsa a Sant'Alberto di Butrio, ancora con S. E. Mons. Dabrowski, nel primo anniversario della morte del nostro Eremita cieco. Indugiando nella preghiera sulla sua tomba — in quella eccezionale mattinata, tutta uno splendore di azzurro e di sole — avevamo ricordato i nostri malati e, primo fra tutti, Don Pierino, come già sulle tombe dei nostri Servi di Dio al Santuario della Guardia, e, prima, alla Madonna delle Lacrime di Siracusa, alla Madonna della Misericordia di Savona, la sua Savona... Lunedì, ritornando a Roma da S. Alberto, mi era parso di trovare Don Pierino in migliori condizioni: aveva gradito molto le preghiere ed anche i dolci che recavo per lui e per Don Mendicino da Tortona a nome del venerando Don Fiori. Chi avrebbe mai potuto pensare che sarebbe stato l'ultimo incontro, l'ultima Ave Maria recitata insieme, l'ultima benedizione? Oh, che sapiente norma quella del nostro P. Fondatore, che due volte all'anno ci invita a meditare sull'«Apparecchio alla morte» di S. Alfonso!... Proprio in questi giorni il richiamo, sempre attuale, ritorna insistente e salutare in tutte le nostre comunità. Sapessimo tutti, comprendere fino in fondo! Vorrei, o carissimi, manifestarvi tanti altri pensieri che mi passano nella mente stanotte mentre sto viaggiando — dopo l'estremo bacio alla salma del caro Don Pierino — verso Genova dove domattina, a Dio piacendo, ricorderò Frate Ave Maria fra i ciechi dell'Istituto David Chiassone, (Vi fu alunno dal 1913 al 1920), e poi Suor M. Stanislaa, nell'8" anniversario della morte, fra gli Amici di D. Orione nel Piccolo Cottolengo di Via Bosco. Ma quante cose saprete intuire da voi, meditando su questa lezione che il Signore ha voluto darci! Permettetemi che vi raccomandi di essere particolarmente generosi nei vostri suffragi per Don Pierino. E, insieme, vogliate pregare molto, in questi giorni, a conforto del fratello Don Clemente e dell'altro fratello, Giovanni che aveva con sé la mamma, a Verona, e la circondava di una tenerezza che ci ha tutti commosso. Così, pregate per i nostri ammalati: per Don Mendicino e particolarmente il venerando Don Risi, che in questi giorni sta meno bene e ci tiene trepidanti coi suoi 88 anni, per il caro Mons. Dabrowski che sfa facendo ad Abano di Padova (presso Istituto Salesiano di Monteortone) le cure per l'infermità causatagli dagli stenti del campo di concentramento. Chiedo suffragi anche per il papà del ch. Antonio Ridolfo e per il fratello del ch. Severino Didonè, Padre Saveriano che era Missionario nel Congo ed è stato assassinato il 29 novembre mentre stava confessando. Domando preghiere per la famiglia tanto generosa verso il Signore (sono 7 figli religiosi); e per il caro Don Fiori che ha gravissimo il fratello Beniamino, quello a cui sono state amputate le gambe. Ieri mattina, celebrando ai nostri del Vaticano, che ricordano il XXV° del loro servizio alle dirette dipendenze della Santa Sede (quale conforto ne aveva avuto Don Orione, nel gennaio 1940, al tramonto ormai della sua vita.!) mi veniva spontaneo, esortando a «fedeltà», commentare dalla Epistola della Messa dì San Francesco di Sales, le parole di S. Paolo a Timoteo: «Ho combattuto fino all'ultimo la buona battaglia, ho portato al termine la corsa, ho custodito intatto il deposito della fede. Ed ora mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, giusto Giudice, mi darà in premio in quel Giorno... ». Il premio dei servi buoni, prudenti, fedeli... Lo imploriamo oggi al compianto nostro Don Pierino, e lo invochiamo anche per noi — attraverso la materna intercessione di Maria SS. — quando, forse prima di quello che pensiamo, arriverà anche il nostro giorno. Conforto ancora il carissimo Don Clemente e familiari, e saluto tutti, chiedendovi la carità di una preghiera anche per me, per le più urgenti necessità della nostra famiglia religiosa.

Vostro aff.mo in Gesù Cristo e Maria SS.

Sac. Giuseppe Zambarbieri dei Figli della Divina Provvidenza.

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