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Ricordiamo Sac. MENDICINO Antonio

Qualifica religiosa: Sacerdote
Data del decesso: 18 Novembre 1971
Luogo del decesso: Roma
Luogo di sepoltura: Roma , cimitero Verano

Sac. MENDICINO Antonio, da Falerna (Catanza ro), morto a Roma nel 1971, a 57 anni di età, 39 di Professione e 31 di Sacerdozio.


Da “Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Ottobre - Dicembre 1971

Sac. Antonio Mendicino
da Falerna (Catanzaro), morto a Roma il 18 novembre 1971, a 57 anni di età, 39 di Professione e 31 di Sacerdozio.

Nato a Falerna (Catanzaro) il 4 novembre 1914, era entrato in congregazione il 15 novembre 1928, professando il 14-9-1932 e ricevendo il presbiterato a Tortona il 21 luglio 1940.

Aveva compiuto gli studi liceali a Tortona e Genova ed aveva poi frequentato la Gregoriana a Roma, conseguendo la licenza in Teologia. Insegnante nel nostro Filosofico e nel collegio San Giorgio, aveva poi nel 1944-45 diretto il collegio San Pietro di Colonnata. Poi aveva svolto la sua attività nella provincia romana, economo al San Filippo fino al 1950, quindi alla Camilluccia, a Patrica, a Grotte di Castro e all'Istituto S. Maria, sempre addetto all'amministrazione ed insegnamento.

Ovunque aveva portato quelle note di esemplarità che si accentuarono poi nell'ultimo periodo della sua vita religiosa, trascorso alla Casa generale, dove si trovava da sette anni, minato da un male che non perdona (ed egli lo sapeva) ma che mai ha turbato la sua serenità, il suo diligente servizio. Dolore celato dal sorriso, incertezza umana rassegnata da una visione di Fede, preoccupazione personale superata dalla dedizione ai fratelli: ecco le note caratteristiche della sua vita, specie nel suo ultimo ufficio di economo nella casa di via Etruria.

La sua dipartita, malgrado un peggioramento manifestatosi da qualche mese, è stata quasi improvvisa, per un collasso sopravvenuto la sera del 18 novembre al Policlinico Gemelli. Ma è scomparso nella luce del Signore.

Due circostanze opportunamente rilevate dal Direttore Generale, in occasione dei funerali ad Ognissanti, hanno fatto sentire una speciale presenza della Provvidenza di Dio nel suo trapasso.

Aveva salutato, un mese e mezzo fa, il Direttore in partenza per le Americhe, quasi presago di forse mai più rivederlo, e invece la Provvidenza attese proprio il ritorno, consentendo un ultimo incontro e il Sacramento degli infermi, prima di chiamarlo al premio, il giorno stesso dell'arrivo di Don Zambarbieri. E quel giorno era l'antivigilia della più grande e cara festa della nostra famiglia religiosa, la Madre della Divina Provvidenza, nella cui solennità si compirono le esequie e gli si diede l'ultimo addio.


Don G. Zambarbieriin “Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Ottobre - Dicembre 1971

L'ESTREMO RICONOSCENTE ABBRACCIO A DON MENDICINO

A Roma mi attendeva, ormai alla fine, il compianto nostro D. Mendicino. Lo avevo lasciato in condizioni molto preoccupanti, al­la partenza, e ricordo che avevo dovuto nascondere la mia emo­zione, nel salutarlo. Poi si era ancora una volta ripreso (così m'era sembrato) e anch'io avevo ricominciato a sperare... Nella sua de­licatezza non aveva voluto darmi motivo di pena, mentre mi trovavo lontano.

Ero appena giunto in via Etruria, in quel pomeriggio del 18 novembre, quando dal Policlinico Gemelli avvertirono che si era aggravato. Anziché raggiungere i Direttori raccolti in esercizi a Frascati, sono allora andato da Don Mendicino. Era in piena cono­scenza, lucidissimo, ma quanto mai sofferente, col respiro così affannoso che a tratti pareva un rantolo. Mi ha riconosciuto subito, ha gradito i saluti che gli ho portato, a nome dei confratelli. Ab­biamo pregato un po' insieme poi — intuendo la gravità — l'ho preparato all'Olio degli infermi, che ha ricevuto con esemplare pietà, nella consapevolezza della chiamata ormai imminente. « Sia fatta la volontà di Dio » disse, alzando gli occhi al cielo. Gli strin­gevo la mano e avrei voluto che sentisse in quella presenza un segno della mia gratitudine per tutte le cure e attenzioni avute sempre per me in questi anni passati in curia, quando — permet­tendoglielo la salute, da anni ormai compromessa — trovava la sua gioia nel riordinarmi le carte, dividere in cartelle la corrisponden­za, prestare ogni possibile servizio. Pregavamo accanto a lui con il P. Kisilak e l'infermiere Fr. Arsenio De Angelis, che lo assisteva da anni. Rispondeva alle litanie, mormorava spesso: « Gesù! Ge­sù!... Mamma! ». Quando stavano per praticargli una trasfusione di sangue, mi sono allontanato pensando di tornare al mattino. Mi sembrava che avesse ancora la forza (s'era ancora sollevato due volte da sè, sul letto) e dovesse andare avanti per qualche giorno. Di lì a poco, invece, alle 21,30, il cuore cedeva per improvviso collasso. Gli era vicino il P. Kisilak e toccò a lui raccomandare al Signore l'anima dell'antico condiscepolo della Gregoriana.

Incontrando a Frascati, la mattina del 19, i nostri Consiglieri Generali, i Provinciali e i Direttori, ho avuto il conforto di offrire con loro la S. Messa per il caro D. Mendicino, ricordando, a richiamo salutare, il suo lungo calvario.

Il 20, festa della Madonna della Divina Provvidenza, gli ho da­to l'ultimo saluto, durante i funerali nella chiesa di Ognissanti, ringraziandolo della sua fedeltà a D. Orione, alla Congregazione; della sua vita religiosa così integra, dell'attività svolta, ovunque, con tanto amore finché le forze lo sostennero...

Scrivo, scrivo ed ho quasi l'impressione di vedermelo compa­rire davanti, discreto, rispettosissimo, come faceva più volte al gior­no, quando ero a Roma: veniva a chiedermi se mi occorreva qual­che cosa, se poteva essermi utile... preoccupato per me (specie dopo l'operazione di luglio) e felice di poter rendere anche il più piccolo servizio, di poter fare un favore.

Lo ricorderò sempre così, mentre ho fiducia che anche e so­prattutto dal cielo continuerà ad aiutare, a rendersi presente con quelle delicatezze che solo conosce chi ha molto sofferto.

 

 

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