Data del decesso: 20 Settembre 1990
Luogo del decesso: Trebaseleghe (Padova)
Luogo di sepoltura: Padova, Cimitero Maggiore
Sac. BORILE Guido, da Baone (Padova), morto a Trebaseleghe (Padova) nel 1990, a 76 anni di età, 52 di Professione e 46 di Sacerdozio.
Da Atti e comunicazioni della Curia Generale, settembre – dicembre 1990
SAC. BORILE GUIDO da Baone (Padova), passato al Signore nella Casa di riposo di Trebaseleghe (Padova) il 20 settembre 1990, a 76 anni di età, 52 di professione e 47 di sacerdozio. Riposa nel Cimitero Maggiore di Padova.
Aveva conosciuto l'Opera don Orione a Padova (era nato il 19.9.1914), dove il 4 novembre 1929 entrò nel collegio Camerini Rossi, in quel periodo gestito da don Castegnaro e da altri nostri confratelli. D'indole mite e aperta, la sua vocazione, sbocciata nel clima che caratterizzava gli istituti dell'Opera in quel tempo, si palesò con sicurezza ed entusiasmo, così che, nel luglio 1930 dopo la vestizione chiericale venne destinato al seminario Sant'Antonio pro missioni di Voghera (Pavia), dove completò gli ultimi corsi del ginnasio (1930-32). Il Signore poi gli chiese il sacrificio di rinunciare agli studi sino all'aprile 1935, trascorsi in famiglia per malattia polmonare. Destinato, però, per la lunghissima convalescenza nella casa del signor Canepa a Genova Quezzi, ne approfittò volenterosamente per completare la filosofia. Finalmente, dalla festa dell'Assunta 1937 a quella del 1938, fece il suo noviziato, conchiuso regolarmente con la prima professione religiosa. Scelto poi con altri giovani studenti, inviati dal Natale 1938 all'agosto 1939 a Milano, vi lavorò quale assistente e insegnante dei Tommasini dopo la posa della prima pietra dei nuovi padiglioni del Piccolo Cottolengo di don Orione. Quando nel 1940 venne aperto il primo corso teologico nel Villaggio della Carità a Camaldoli (Genova), don Borile fece parte del primo gruppo, passato poi al Boschetto (Genova), e a Rosario di Casalnoceto-Tortona (1943-44).
Pronunciò i voti perpetui il 29 maggio 1942 a Genova, ricevette il sacerdozio a Tortona il 3 ottobre 1943, seguito dall'anno di formazione (1944-45) a Castel Burio (Asti).
Nel 1945, dall'orfanotrofio di Castelnuovo Scrivia, venne inviato quale primo consigliere, in aiuto a don Pollarolo nella Casa del Giovane Operaio in corso Principe Oddone e in quella dell'Operaio alla Benefica, sempre in Torino.
La sua presenza in queste case, a contatto quasi esclusivamente con giovani e anziani delle più diverse estrazioni, mentalità, formazione sociale e politica, posero in risalto per tanti lustri le luci di un'anima veramente sacerdotale, imbevuta di semplicità molto ben avveduta ma volontariamente remissiva, serena, ricca di comprensione fraterna, che gli attirò una stima non di convenzione ma sincera e grata da parte di centinaia di lavoratori e studenti, come delle autorità ecclesiastiche e civili. La varia attività della casa di corso Principe Oddone, avviata e sostenuta dalla dinamicità di don Pollarolo, trovò in don Borile un attento esecutore, equilibrato, prudente eppure coraggioso, perché fondato su una lieta fraternità e fiducia nei suoi confratelli.
L'amore più schietto e sincero verso la sua Congregazione allietava la sua anima, in un lavoro di poco o nessun risalto, sempre all'ombra di confratelli ardimentosi e anche tipici, lanciati su un cammino di eccezione. Accanto a loro don Borile ci stava bene, operoso e discreto, diligente e cordiale.
Nel 1968, 25 di sua ordinazione sacra, scriveva al Direttore generale don Zambarbieri «Ch'io possa essere un degno figlio di don Orione, che questa cara e amata Congregazione io possa sempre amarla e servirla fino alla completa dedizione di me stesso».
Questo anelito interiore, don Borile lo portò ovviamente dentro di sé anche quando l'obbedienza lo destinò quale guida spirituale di quei piccoli aspiranti dell'Opera, nei seminari di Botticino Sera (1971) e di Buccinigo (1977), e a Chirignago (1975), a Fubine (1980) e Trebaseleghe (1988) per missioni di carità a conforto di anziani e sofferenti. L'esclamazione «Oh, santo Paradiso!...», che gli usciva dal labbro nelle situazioni più diverse, e contrastanti, della giornata era un sincero anelito della sua bella anima.