Abbiamo intervistato Marco Pirotta, che dopo una vita da ingegnere aerospaziale è passato a dirigere due importanti realtà di accoglienza orionine: la "Casa del giovane lavoratore" a Milano e il "Boschetto" a Genova.
Quando all’inizio gli fu chiesto di dirigere la Casa del giovane lavoratore di Milano, era un po’ disorientato, ma «seguendo le indicazioni della Congregazione nei vari incontri – spiega Marco Pirotta - ho cercato di comprendere cosa volesse dire a Milano seguire i desamparados, seguire gli ultimi, seguire quelli che vengono rifiutati. Ma con dei vincoli molto chiari: sostenibilità economica, legalità in ogni operazione e mantenere lo spirito di Don Orione. Questo è stato l'obiettivo aziendale che mi sono posto».
«Nel giro di tre anni – aggiunge Pirotta - si è raggiunto il pareggio di bilancio, la struttura è stata portata ad accogliere chiunque ne facesse richiesta, purché avesse una difficoltà. La struttura ha cambiato un po' d'aspetto e invece di essere solo uno studentato, ha incominciato ad accogliere, per esempio, dei professionisti, dei dirigenti che magari, tornando a casa, si trovavano la serratura cambiata dalla moglie, perché hanno avuto problemi familiari. E così ospitiamo 12 padri che vanno a lavorare regolarmente, ma che ora non dormono più in macchina e hanno un luogo in cui mantenere la loro dignità e il posto di lavoro. Poi ci sono altre realtà interessanti, che sono state quelle dei giovani che magari hanno fatto un cammino di integrazione dai centri accoglienza stranieri».
A questa realtà se ne aggiungono altre come «coloro che hanno diritto ad avere gli arresti domiciliari, ma nessuno si fida di dargliene uno. E così, alla Casa del Giovane, noi abbiamo una sezione di intervento dove esistono in questo momento 10 persone agli arresti domiciliari, che vivono la vita di questo ostello, con le loro limitazioni, cercando un lavoro per potersi reinserirei nel contesto sociale. Noi non siamo una residenza, noi siamo un ponte, una speranza, un’opportunità che loro hanno per cambiare la loro vita e reinserirsi in un contesto moderno. Questa è un po' la grande sfida da portare avanti».
A tre anni dell’inizio dell'avventura della Casa del giovane di Milano, l'economato provinciale propone a Marco Pirotta la gestione dell’abbazia di San Nicolò al Boschetto, che si trova a Genova. «È un’abbazia del Cinquecento – spiega -, con affreschi e ambienti molto belli dal punto di vista monumentale, dove le celle dei frati sono state convertite in camere per ospitare l'emergenza abitativa dell'alluvione di Genova del 2014. Da lì la struttura è andata avanti, continuando a ospitare persone in emergenza abitativa, ma purtroppo, non riuscendo a coprire le enormi spese, creavano una perdita notevole alla realtà del Boschetto. Ci siamo resi conto che non era sufficiente ridurre i costi, ma bisognava trovare nuove forme di finanziamento e di sostenibilità. E allora abbiamo trasformato l’abbazia di San Nicolò, da quello che era una macedonia di soluzioni di emergenza abitativa, in un condominio. Una parte della struttura l'abbiamo data in gestione alla Agorà, una grande e importante cooperativa ligure che si occupa di servizi alla persona, che nel nostro caso segue tutta la parte profughi. Attualmente ci sono 75 persone con progetto “Mamma - Bambino” e profughi arrivanti direttamente da Lampedusa che sono stati accolti in questa struttura. Un'altra ala è stata invece adibita a ostello per i lavoratori trasfertisti, per cui sono le aziende con cui abbiamo un contratto, che pagano direttamente e con quei margini si riesce a dare supporto alle famiglie più bisognose. La vera difficoltà è stata quella di trasformare quello che era un centro di accoglienza emergenziale in una casa per ferie con tutte le autorizzazioni del caso. Quindi, riuscire a mantenere quelli che sono i vincoli fondamentali, la sostenibilità economica, la legalità in ogni sua posizione e l'attenzione verso gli ultimi».