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22 Aprile 2025

Don Luigi Orione e Papa Francesco. La condivisione di una stessa fiamma: La Chiesa in uscita

Condividiamo in questi giorni un testo di Don Alessandro Belano, che evidenzia come nel Magistero di Francesco esistano spunti, assonanze, richiami e perfino paralleli letterari con il pensiero carismatico di San Luigi Orione

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Dal giorno della sua elezione pontificia (13 marzo 2013), in più occasioni Papa Francesco ha fatto riferimento a San Luigi Orione e alla Piccola Opera della Divina Provvidenza. I principali interventi di questo Magistero “orionino” sono i seguenti:

1) Discorso ai partecipanti al XIV Capitolo generale dei Figli della Divina Providenza (27 maggio 2016).[1]

2) Discorso alle partecipanti al XII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità (26 maggio 2017).[2]

3) Discorso alla Famiglia Orionina nel 150° anniversario della nascita di S. Luigi Orione e ai partecipanti al XV Capitolo Generale dei Figli della Divina Provvidenza (25 giugno 2022).[3]

Nell’esaminare questi interventi pontifici e, più in generale, l’intero Magistero di Francesco, si resta felicemente sorpresi nel constatare come esistano spunti, assonanze, richiami e perfino paralleli letterari con il pensiero carismatico di San Luigi Orione.

La Chiesa in uscita

Il 27 maggio 2016, a conclusione del XIV Capitolo Generale dei Figli della Divina Provvidenza, Francesco ricevette i partecipanti nella Sala Clementina e rivolse loro le seguenti parole:

«Siamo tutti incamminati nella sequela di Gesù. La Chiesa intera è chiamata a camminare con Gesù sulle strade del mondo, per incontrare l’umanità di oggi che ha bisogno – come scriveva Don Orione – del “pane del corpo e del divino balsamo della fede” (Lettere II, 463). Per incarnare nell’oggi della storia queste parole del vostro Fondatore e vivere l’essenzialità del suo insegnamento, voi avete messo al centro delle riflessioni del Capitolo Generale la vostra identità, riassunta da Don Orione in quella qualifica di “servi di Cristo e dei poveri”. La strada maestra è tenere sempre unite queste due dimensioni della vostra vita personale e apostolica. Siete stati chiamati e consacrati da Dio per rimanere con Gesù e per servirlo nei poveri e negli esclusi dalla società. In essi, voi toccate e servite la carne di Cristo e crescete nell’unione con lui, vigilando sempre perché la fede non diventi ideologia e la carità non si riduca a filantropia, e la Chiesa non finisca per essere una ONG...

L’essere servi di Cristo qualifica tutto ciò che siete e che fate, garantisce la vostra efficacia apostolica, rende fecondo il vostro servizio. Don Orione vi raccomandava di “cercare e medicare le piaghe del popolo, curarne le infermità, andargli incontro nel morale e nel materiale: in questo modo la vostra azione sarà non solamente efficace, ma profondamente cristiana e salvatrice” (Scritti 61,114).

L’annuncio del Vangelo, specialmente ai nostri giorni, richiede tanto amore al Signore, unito ad una particolare intraprendenza. Ho saputo che, ancora vivente il Fondatore, in certi luoghi vi chiamavano “i preti che corrono”,[4] perché vi vedevano sempre in movimento, in mezzo alla gente, con il passo rapido di chi ha premura. Amor est in via, ricordava san Bernardo, l’amore è sempre sulla strada, l’amore è sempre in cammino. Con Don Orione, anch’io vi esorto a non rimanere chiusi nei vostri ambienti, ma ad andare “fuori”. C’è tanto bisogno di sacerdoti e religiosi che non si fermino solo nelle istituzioni di carità – pur necessarie – ma che sappiano andare oltre i confini di esse, per portare in ogni ambiente, anche il più lontano, il profumo della carità di Cristo. Non perdete mai di vista né la Chiesa né la vostra comunità religiosa, anzi, il cuore deve essere là nel vostro cenacolo, ma poi bisogna uscire per portare la misericordia di Dio a tutti, indistintamente».[5]

A distanza di circa un anno, in data 26 maggio 2017 Papa Francesco ricevette in Udienza, nella Sala del Concistoro, le partecipanti al XII Capitolo Generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, alle quali indirizzò queste parole:

«Fondato da Don Orione, il vostro Istituto è chiamato ad esercitare la carità verso il prossimo, particolarmente verso i più poveri, gli abbandonati e gli esclusi, come esprime bene il tema che avete scelto per questo Capitolo Generale: «Darsi tutte a Dio per essere tutte del prossimo.

Vi chiamate e siete per vocazione “missionarie”, vale a dire evangelizzatrici, e nello stesso tempo siete al servizio dei poveri. Sorelle, siate missionarie senza frontiere. A tutti, ma specialmente ai poveri, nei quali siete chiamate a riconoscere la carne di Cristo, portate la gioia del Vangelo che è Gesù stesso. A tutti mostrate la bellezza dell’amore di Dio che si manifesta nel volto misericordioso di Cristo. Con questa bellezza riempite il cuore di quanti incontrate. La vicinanza, l’incontro, il dialogo e l’accompagnamento siano il vostro metodo missionario. E non lasciatevi rubare la gioia dell’evangelizzazione.

La missione e il servizio ai poveri vi pongono “in uscita” e vi aiutano a superare i rischi dell’autoreferenzialità, del limitarsi a sopravvivere e della rigidità autodifensiva. La missione e il servizio vi fanno assumere la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da voi stesse, camminare e seminare; come pure la conversione pastorale affinché tutte le strutture siano evangelizzatrici e al servizio del carisma.

Nella Chiesa la missione nasce dall’incontro con Cristo. L’Inviato del Padre adesso invia noi. È lui che ci chiama e ci manda. Il centro della missione della Chiesa è Gesù. In quanto sue discepole, siete chiamate ad essere donne che lavorano assiduamente per trascendersi, proiettandosi verso l’incontro con il Maestro e con la cultura in cui vivete.

Al missionario è richiesto di essere una persona audace e creativa. Non vale il comodo criterio del “si è fatto sempre così”. Non vale. Ripensate gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi della vostra missione. Stiamo vivendo un tempo in cui è necessario ripensare tutto alla luce di ciò che ci chiede lo Spirito. Questo esige uno sguardo speciale sui destinatari della missione e sulla realtà stessa: lo sguardo di Gesù, che è lo sguardo del Buon Pastore; uno sguardo che non giudica, ma scruta la presenza del Signore nella storia; uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e rimanere con l’altro quante volte sia necessario; uno sguardo profondo, di fede; uno sguardo rispettoso e pie–no di compassione, che guarisca, liberi, conforti.

Al missionario è richiesto anche di essere una persona libera, che vive senza nulla di proprio. Non mi stanco di ripetere che la comodità, l’accidia e la mondanità sono forze che impediscono al missionario di “uscire”, di “partire” e mettersi in cammino e, in definitiva, di condividere il dono del Vangelo. Il missionario non può mettersi in cammino con il cuore pieno di cose (comodità), con il cuore vuoto (accidia) o in cerca di cose estranee alla gloria di Dio (mondanità). Il missionario è una persona libera da tutte queste zavorre e catene; una persona che vive senza nulla di proprio, solo per il Signore e il suo Vangelo; una persona che vive in un cammino costante di conversione personale e lavora senza sosta alla conversione pastorale.

Il vostro carisma di serve dei poveri vi chiede di esercitare la profezia della misericordia, cioè di essere persone centrate in Dio e nei crocifissi di questo mondo. Lasciatevi provocare dal grido di aiuto di tante situazioni di dolore e di sofferenza. Come profeti della misericordia annunciate il perdono e l’abbraccio del Padre, fonte di gioia, di serenità e di pace».[6]

I principali temi toccati da Francesco in questi due discorsi sono quelli della Chiesa in missione e della testimonianza apostolica, sui quali il Papa è tornato spesse volte nel corso del suo Magistero. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, Francesco scrive:

«L’evangelizzazione obbedisce al mandato missionario di Gesù: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19–20)… Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria. Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo».[7]

Da queste parole si comprendono le ragioni per cui la Chiesa deve essere sempre una comunità in “uscita” missionaria. All’origine dell’impegno missionario sta anzitutto il comando di Gesù, che invia a portare la vita nuova e la gioia del Vangelo soprattutto nei confronti dei più lontani. Francesco usa l’immagine forte e concreta delle “periferie” geografiche ed esistenziali, tanto spesso dimenticate o trascurate, che interpellano l’attenzione e l’impegno di chi ha il dono della fede. Essere “in uscita” missionaria verso tutte le “periferie” non è pertanto per la Chiesa una scelta opzionale alla quale potrebbe facilmente sottrarsi, ma un dovere prioritario, la forma concreta e il volto visibile della sua obbedienza al Risorto e del suo amore agli uomini. [Continua...]

 


[1] Cf. L’Osservatore Romano, 27–28 maggio 2016, 8.

[2] Cf. L’Osservatore Romano, 26–27 maggio 2017, 7.

[3] Cf. L’Osservatore Romano, 25 giugno 2022, 12.

[4] «Lavoro! lavoro! lavoro! Noi siamo i figli della fede e del lavoro e dobbiamo anelare ad essere gli apostoli del lavoro per la fede Noi dobbiamo correre sempre per lavorare e lavorare di più. A Reggio Calabria ci chiamano “i preti che corrono”. Aver cura della salute, ma lavorare sempre con zelo e con ardore per la causa della Chiesa e delle anime. Guardare al cielo, pregare e poi...e poi avanti con coraggio, a lavorare! “Ave Maria e avanti!”, diceva a Bartolo Longo quel santo e serafico frate che fu Padre Lodovico da Casoria. Sempre avanti, figlioli miei: in Domino, ma sempre avanti! Avanti con la Madonna. “Ave Maria e avanti!”. Avanti in Domino!» (Scritti 20,97).

[5] Il discorso integrale: «Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al XIV Capitolo generale dei Figli della Divina Providenza.»

[6] Il discorso integrale «Discorso del Santo Padre Francesco alle partecipanti al XII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.»

[7] Evangelii gaudium, nn. 19–20.