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22 Maggio 2024

Polonia: Con La Scala di Giacobbe tante opportunità per i giovani - VIDEO

Don Łukasz Mikołajczyk presenta una realtà orionina che coinvolge persone con diversi gradi di abilità.

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Kuba è un ragazzo con una disabilità molto grave: non può muoversi in autonomia, né è in grado di parlare, e per questo comunica tramite uno speciale libro che porta sempre con sé. Ha però tante passioni, in modo particolare la geografia e i viaggi. Quando gli viene chiesto qual è il suo sogno più grande, la risposta può sembrare sorprendente: “Avere amici non disabili”.

Maciek, invece, è un ragazzo ventenne, che dopo la morte di sua madre si è chiuso sempre di più in sé stesso, fino a trascorrere quasi per intero le sue giornate davanti al computer, perso nel mondo virtuale. Quando suo fratello gli ha proposto di andare a fare volontariato lui non voleva, così hanno lanciato una moneta ed è stata la sorte a spingere Maciek ad accettare.

In quell’esperienza, Maciek ha conosciuto Kuba e oggi i due sono grandi amici. Sembra una storia straordinaria, invece è soltanto una delle tante che si verificano alla Scala di Giacobbe, una realtà composta da persone con vari gradi di abilità portata avanti dall’Opera Don Orione in Polonia.

L'attività principale di questa associazione, che ormai ha più di 60 anni, consiste nell'organizzare campi-ritiro per disabili nel periodo estivo, a cui si aggiunge il Capodanno alternativo di cinque giorni e quando possibile un pellegrinaggio all'estero. Queste attività sono realizzate grazie all'aiuto di volontari e di benefattori. Basti pensare che per i campi-ritiro estivi, a cui partecipano in media 150 disabili, occorrono circa 200 volontari che si alternano nelle varie sessioni.  

Oggi a guidare La Scala di Giacobbe è don Łukasz Mikołajczyk, che la racconta così: «Coinvolgere persone con diversi gradi di abilità significa che alle nostre attività e ai nostri soggiorni partecipano persone che magari sono su una sedia a rotelle e insieme a loro anche i volontari che si curano delle persone con disabilità. Con tutti questi anni di attività alle spalle, capita anche che chi magari è stato da noi come volontario negli anni ’80 o ’90 oggi ritorna come disabile per chiedere di essere aiutato. Ci sentiamo una comunità, nel senso che cerchiamo di accogliere davvero tutti, anche chi non si sente del tutto parte della Chiesa».

 

Anche per don Mikołajczyk, la storia di Kuba e Maciek è emblematica dell’impegno della Scala di Giacobbe: «Per un ragazzo con le stesse difficoltà di Kuba, è facile che le uniche amicizie si creino nei workshop che frequenta, nella scuola per ragazzi disabili, è quindi difficile stringere rapporti con persone che non abbiano difficoltà o meglio disabilità. Anche se ha dei parenti bravissimi, che gli vogliono molto bene, quello che gli mancava era un amico suo coetaneo che gli aprisse la porta del mondo dei ragazzi, perché anche i nostri amici con disabilità vogliono vivere la gioventù e fare ragazzate, ma anche per diventare autonomo e slegato dai suoi genitori. Maciek, invece, aveva un altro tipo di problema: aveva perso la voglia di vivere. Aveva paura di mettersi in contatto con i ragazzi, con la gente, aveva paura delle amicizie, trovava più facile vivere la sua vita davanti allo schermo di un pc. Il mondo virtuale restituisce forse un qualche senso alla vita, qualche soddisfazione, ma è una scelta facile, sicura, non si rischia niente. Invece mettersi in gioco con le persone implica la possibilità di essere rifiutato, offeso o, in qualche miniera, danneggiato. Maciek quindi evitava la relazione ma, nel profondo del suo cuore, sentiva una grande vuoto.

La Scala di Giacobbe vuole fare proprio questo: fornire un ambiente dove si creano delle opportunità, dove c’è un clima di accoglienza, di comunità che supporta lo sforzo di creare rapporti. In questo clima sia Kuba sia Maciek hanno sperimentato in prima persona che si può fare amicizia, che si possono creare legami nuovi. Entrambi, dopo essersi incontrati, sono tornati a casa completamente cambiati».

Le attività proposte dalla Scala di Giacobbe sono quindi un bel banco di prova per tanti giovani, che scoprono aspetti della vita o capacità che non pensavano di avere: «Molti ragazzi – racconta don Mikołajczyk – raggiungono una certa consapevolezza di sé, che li porta a dire “io posso fare certe cose, me la cavo”, altri scoprono anche di avere un certo carisma o che voglio diventare un infermiere, un dottore, uno psicologo e così via. Sono spesso ragazzi molto giovani, in quella fase della vita in cui bisogna anche misurarsi con sé stessi. Anche il fatto di essere parte di una comunità cambia tanto il cuore e dà tanto coraggio. Io vedo giovani che si impegnano durante tutto l'anno, e li vedo crescere, li vedo diventare davvero bravi, davvero creativi. Adulti, direi».

Il loro accompagnamento, poi, non può prescindere ovviamente dagli insegnamenti di don Orione: «Alcuni nostri amici con disabilità hanno partecipato ad altri campi estivi, a volte non organizzati da enti ecclesiastici. E ci dicono sempre che notano una grande differenza. La parola di Dio accende una luce, perché dar da mangiare a una persona con disabilità, metterla su una sedia a rotelle, è ovunque la stessa cosa, ma quando si sente che l’impegno ha una sua radice nella parola di Dio, la differenza si sente. Il clima che noi creiamo è intriso del carisma orionino e si può vedere dal fatto che qui si raggiungono due cose molto importanti per Don Orione: far crescere i giovani e dare una mano a chi ha bisogno di aiuto. Quindi, in modo molto intuitivo, traspare il modo di pensare del nostro santo Fondatore».

Ora, la Scala di Giacobbe è pronta per un ulteriore passo: diventare un “franchising”, come dice scherzando don Mikołajczyk: «Stiamo raccogliendo gli strumenti per organizzare il volontariato in un certo modo e con un certo carisma. Questi strumenti facilitano il lavoro di volontariato perché qualcun altro vorrebbe farne parte. Siamo quasi pronti a lasciare la Scala di Giacobbe in mani altrui così da raggiungere sempre più persone che hanno bisogno di aiuto»

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