Data del decesso: 29 Maggio 1972
Luogo del decesso: Roma
Luogo di sepoltura: Avezzano
Sac. PICCININI Gaetano, da Avezzano (L'Aquila), morto a Roma nel 1972, a 68 anni di età, 51 di Professione e 44 di Sacerdozio. È tumulato nella Chiesa dell'Istituto Don Orione di Avezzano.
Da "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Luglio - Settembre 1972
Don GAETANO PICCININI
da Avezzano (L'Aquila), morto a Roma il 29 maggio 1972, a 68 anni di età, 52 di professione e 45 di sacerdozio.
Fu accolto da Don Orione, all'età di 11 anni, alla Colonia S. Maria di Roma, nel giugno 1915, assieme a un gruppo di orfani idei terremoto marsicano. Tre mesi dopo, dallo stesso Fondatore ricevette l'abito talare nella Casa di probandato in Tortona. Fece il noviziato a Villa Moffa negli anni 1917-18.
Riconosciute le sue eccezionali doti intellettuali e religiose, Don Orione lo lanciò nel campo dell'apostolato proprio della Piccola Opera quando era ancora giovane chierico.
Fu ordinato sacerdote nel mese di giugno del 1927, ma già prima aveva svolto attività varie in posti di responsabilità ed era stato capo-assistente al Dante Alighieri di Tortona (1921-22) Nel 1924 Don Orione gli affidò la reggenza del collegio S.Giorgio in Novi Ligure, ove in seguito ordinato sacerdote e conseguita la laurea in lettere all'Università di Torino ricoperse la carica di Direttore e Preside dal 1927 al 1940. Mentre era Preside del S. Giorgio negli anni 1935-36 — ebbe anche l'incarico di seguire gli sviluppi della nascente opera di Londra ove si recava in periodi alterni. Nel 1937 fu nominato Preside dei S. Filippo di Roma, mentre continuava a dirigere il collegio S. Giorgio, facendo la spola fra Novi Ligure e Roma.
Il primo Successore di Don Orione, Don Sterpi, lo nominò Direttore della Provincia SS. Apostoli Pietro e Paolo. Nel 2° Capitolo Gen.le della P Opera fu eletto Consigliere Gen.le (1946-52). Nella medesima carica fu confermato dal 3° Capitolo Gen.le (1952-58) II 4° Capitolo Gen.le lo elesse Procuratore Gen.le (1958-63) e al 5° Capitolo fu rieletto Consigliere 'Generale (1963-69) Al Capitolo Gen.le Speciale si dimise da Consigliere e il Consiglio Gen. lo nominò Delegato per le Case della P Opera negli Stati Uniti.
All'inizio del 1972 tornò in Italia per rimettersi in salute, ma il suo fisico, ormai minato da male inguaribile crollò. Alle ore 2 del 29 maggio, ritornava al Signore, dopo aver edificato tutti con la sua pietà e serena fortezza nella lunga infermità, come aveva lasciato un gran ricordo di sé ovunque era andato in vita, per la sua integrità .sacerdotale, un'attività apostolica infaticabile, una profonda vita inferiore, il culto dell'amicizia, l'ansia per le vocazioni.
Don Giuseppe Zambarbieri, in "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Leglio - Settembre 1972, p. 154
QUANTO DOBBIAMO A DON PICCININI!
Quante cose vorrei e potrei dirvi, o carissimi, soprattutto di Don Piccinini, oltre a quelle già riportate nel bollettino di giugno. Dal 1930 ho avuto la sorte di vivere quasi sempre con lui o a lui vicinissimo (se si escludono gli anni della guerra e il breve periodo trascorso a Boston): da lui ho imparato a conoscere, apprezzare e amare la Congregazione e Don Orione, fino a sentire il desiderio di far parte di questa nostra famiglia. Che esempio ha dato a noi giovani negli anni del San Giorgio, che richiamo ha esercitato sempre con il suo spirito di fede e di sacrificio, la signorilità del suo tratto, la sua tenacia nelle imprese, la delicatezza della sua carità, il culto dell’amicizia... Quante e quante personalità da lui conquistate alla Congregazione, e con quale intelligenza e amore! E ancora, i suoi scritti: attraverso le pubblicazioni (« Roma tenne il respiro », « La scheggia di Monte Pellegrino », « Quel tuo cuore Don Orione »), nelle quali ha provvidenzialmente raccolto memorie che appariranno domani anche più preziose; attraverso gli articoli sulla « Piccola Opera », come sul « S. Giorgio » e su « L'Amico », da lui fondati; attraverso le migliaia di lettere, cartoline, pensieri, ricordi che andava disseminando di continuo sul suo sentiero, raggiungendo ovunque amici, ex allievi, confratelli, persone di ogni ceto e categoria, senza stancarsi mai, anche da malato, fin negli ultimissimi giorni pur con il fisico disfatto, distrutto, ma l'animo ancora indomito, sempre ansioso di fare del bene...
Con quelle del S. Padre e di Nixon, abbiamo ricevuto, per la scomparsa di Don Piccinini, testimonianze autorevolissime che mi riprometto di raccogliere in un Numero Unico quando la cara Salma dal cimitero di Avezzano verrà trasportata nella cripta della Chiesa del Suffragio. Le pratiche sono in corso e speriamo si possa realizzare presto il desiderio dei tanti e tanti amici che ce ne hanno fatta richiesta, a cominciare dal Vescovo di Avezzano S. E. Mons. Valeri), cui mando un grazie anche di qui per il fraterno amore, sempre portato a Don Piccinini ed espresso in modo commovente durante i funerali.
Sento doverosa una pubblica attestazione di riconoscenza ai confratelli che lo hanno assistito nel lungo periodo dell'infermità, prima a Boston e poi a Roma (particolarmente a Don Di Clemente e a Don Musso) come alle buone Ausiliarie, al Prof. Costanzi, al Dott. Di Paola, ai sanitari, suore, infermieri e infermiere sia dell’ospedale Fatebenefratelli che del « Calvary Hospital » di via S. Stefano Rotondo.
Sac. Gaetano Piccinini
da Avezzano (L'Aquila), morto a Roma il 29 maggio 1972, a 68 anni di età, 51 di Professione e 44 di Sacerdozio. È tumulato nella Chiesa dell'Istituto Don Orione di Avezzano.
Religioso orionino, presto “Giusto fra le Nazioni”
Per aver salvato numerosi ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale
ROMA, venerdì, 18 gennaio 2008 (ZENIT.org).- In occasione della “Giornata dell'ebraismo”, dedicata al dialogo ebraico-cattolico, il Superiore generale dell'Opera Don Orione, don Flavio Peloso si è recato all'ambasciata di Israele presso la Santa Sede per firmare il documento in vista del riconoscimento al religioso orionino don Gaetano Piccinini del titolo di “Giusto fra le Nazioni ”.
Tale onorificenza viene attribuita dal museo Yad Vashem di Gerusalemme alle persone non ebree che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare gli ebrei dalla Shoah.
Il Superiore generale – si legge in un comunicato – è stato ricevuto dal Console d'Israele che ha espresso parole di riconoscenza per quanto fatto da don Piccinini e dalla Congregazione per la salvezza di ebrei durante la persecuzione degli anni 1930-40.
Don Gaetano Piccinini aveva già ricevuto un Riconoscimento nel 1994 dalla Comunità Ebraica di Roma e dal Benè Berith per la sua opera a salvezza di ebrei romani dalle atrocità nazifasciste anche a rischio della propria vita. In onore di Don Piccinini, il 22 ottobre 1994, venne anche dato il Diploma di un Albero piantato a Gerusalemme.
Don Gaetano Piccinini (1904 -1972), orfano a causa del terremoto della Marsica del 1915, fu raccolto da don Luigi Orione e ordinato sacerdote nel 1927. Laureatosi in Lettere, divenne poi Direttore e Preside in diversi Istituti orionini.
Nel periodo delle leggi razziali (1938) ricoprì l'incarico di Direttore dell'Istituto di Novi Ligure (AL) e contemporaneamente di Preside del Pontificio Istituto scolastico “San Filippo Neri”, nel quartiere Appio a Roma.
Durante la Seconda Guerra Mondiale operò soprattutto a Roma e si prodigò per soccorrere orfani e ragazzi mutilati dalla guerra e quanti avevano bisogno di aiuto, tra cui tante persone origini ebraiche, mettendo spesso a repentaglio la propria vita.
Mantenne in particolare rapporti di amicizia con le persone salvate, particolarmente con Bruno Camerini, che figura come richiedente salvato dell'alto riconoscimento di Israele.
Don Piccinini: un maestro impareggiabile di vita, di Marco Antonelli, associazione nazionale ex-allievi di Don Orione
La ricorrenza decennale della scomparsa di Don Gaetano Piccinini, ripropone alla nostra Associazione ex allievi Don Orione un particolare ricordo, un pensiero commosso e riconoscente alla sua cara memoria di insigne sacerdote e maestro impareggiabile.
La fervida e dinamica attività svolta in seno alla Congregazione orionina, gli ha permesso di realizzare importanti istituzioni educative e benefiche in Italia ed all'estero sulle orme del Fondatore. Con la sua vasta cultura è riuscito a svolgere un efficacissimo apostolato particolarmente nel campo giovanile, dove ha molto seminato, coltivato e raccolto grazie al suo intelletto e rara bontà.
Il suo ruolo di maestro educatore gli ha consentito di legare con vincoli indissolubili gran parte degli alunni da lui stesso cresciuti nelle file della nostra Associazione ex allievi e non pochi di essi si sono distinti nel coprire cariche importanti e posti di prestigio nella vita sociale.
Il sincero e premuroso affetto che nutriva verso la nostra Associazione ex allievi lo ha manifestato in molteplici occasioni ma in particolare mi piace ricordare il suo prezioso contributo al Convegno Nazionale del dopo guerra, svoltosi a Roma durante l'Anno Santo del 1950, presso l'Istituto San Filippo Neri, dove per alcuni anni svolse ufficio di Preside.
Era ritornato da poco da una missione orionina d'oltre Atlantico e partecipò alla numerosa assemblea riunita nel Teatro Orione, dove pronunciò un significativo discorso dal quale ricavo alcuni pensieri ed insegnamenti che a distanza di anni risultano di piena attualità.
«Ricordiamoci che Don Orione era solo, e bastava a tutto. Bisogna che ciascuno di voi dia un contributo personale cominciando da quell'impegno di un'Ave Maria al giorno. Bisogna che ciascuno di voi paghi di persona. Siamo tutti ex allievi di Don Orione: ciascuno deve pagare di persona. Ricordate questo veneratissimo Padre che, quando eravamo a Tortona, veniva Lui a piegare i giornaletti con noi. Si andava a spedirli tutti insieme. Qui non vale il grado, la gerarchia o altro: ciascuno di noi deve pagare di persona. Facciamo tutti qualche cosa. Portiamo ciascuno la nostra preghiera, il nostro consiglio. Allora il nostro gruppo diventerà un esercito».
Continuò con la sua parola calda, appassionata, spronandoci a salire vette sempre più alte per la prosperità dell'Associazione e per il bene degli ex allievi.
Nel Convegno Nazionale del 1951 svoltosi a Miradolo, gettò le basi per una più efficiente struttura organizzativa della nostra Associazione e si ebbe poi il coronamento nel Convegno Nazionale dell'Anno Mariano 1954 al Centro Mutilatini di Roma dove i dirigenti convenuti da ogni parte d'Italia si raccolsero sotto lo sguardo di quella maestosa e gigantesca statua della Madonna che Don Piccinini volle eretta a Monte Mario a celeste guardia della città di Roma. Da quell'assemblea, oltre all'aggiornamento dello Statuto, scaturì la prima formazione del Consiglio Centrale.
Il suo ultimo incontro con la nostra Associazione avvenne a Roma nel Convegno Nazionale Dirigenti tenutosi a «Casa Rimoldi» nel marzo 1971 con una visita anche dell'allora arcivescovo di Cracovia Card. Wojtyla e del nostro Mons. Dabrovvski. Don Piccinini fece una rapida apparizione per rivolgere all'assemblea «due parole alla buona» che in un crescendo oratorio suscitarono ammirazione ed entusiasmo per i sentimenti di affetto rivolti a Don Orione e per la sincera gratitudine espressa alla grande famiglia degli ex allievi, tanto da provocare un applauso interminabile. Era l'ultimo saluto degli ex allievi al loro Maestro.
Negli ultimi suoi giorni, mentre era ricoverato in una clinica romana, un pomeriggio accompagnai il Card. Paupini che aveva espresso il desiderio di visitarlo. Il Porporato rivolse al caro infermo parole di conforto e gli impartì la benedizione. Don Piccinini la ricevette con profondo raccoglimento. Consapevole della sua grave infermità, rispose al Cardinale con tanta serenità e lucidità che suscitò in noi una viva commozione. Confermando che si era abbandonato nelle mani di Dio e di volere solo la sua divina volontà, era anzi ansioso di affrettare il suo incontro con il Padre dei cieli.
L'Associazione nazionale ex allievi inchina riverente la bandiera degli antichi alunni alla sua memoria e non dimenticherà mai il suo fascino di sacerdote integerrimo e insigne Maestro di vita.
Marco Antonelli
Discorso dell'Ambasciatore In occasione della cerimonia di consegna della medaglia di "GIUSTO FRA LE NAZIONI" alla memoria di Don Gaetano Piccinini
Roma, 23 Giugno 2011
Sala Congressi del Centro Don Orione, Via della Camilluccia, 120.
Desidero salutare lo Spettabile Superiore Generale dell'Opera Don Orione, Don Flavio Peloso, il Sig. Sindaco di Avezzano, Dott. Antonio Floris, Monsignor Andrea Gemma vescovo, i familiari del giusto don Gaetano Piccinini, specialmente il nipote Clemente, della famiglia Camerini, signore e signori.
Sono lieto di aver potuto accogliere l'invito a partecipare a questa cerimonia in onore di Don Gaetano Piccinini che ha aiutato a salvare membri della famiglia Camerini facendo il possibile per alleviare la dura prova cui sono stati sottoposti durante il periodo dell'occupazione. Non mi soffermo dunque sui dettagli della vicenda che la mia collega Livia Link ha già illustrato e del resto sono presenti i testimoni diretti che certamente molto meglio di me possono raccontare la storia.
Vorrei invece accennare molto brevemente ad un argomento ampiamente discusso: l'atteggiamento della Chiesa durante il periodo dell'occupazione nazista a Roma, durante il quale la vita degli ebrei della città è stata messa in serio pericolo, e tanti di loro purtroppo non hanno fatto ritorno dai campi di sterminio.
Senza Don Gaetano Piccinini, e altri uomini e donne come lui, il numero di vite umane spezzate sarebbe stato molto più alto.
A Don Piccinini riconosciamo di non aver dato solo asilo, ma di averlo fatto nel rispetto delle origini e identità di ciascuno.
A partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 Ottobre del 1943, e nei giorni successivi, monasteri e orfanotrofi tenuti da ordini religiosi hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano, che erano quindi informati di questi gesti, sarebbe pertanto un errore dichiarare che la Chiesa Cattolica, il Vaticano e il Papa stesso si opponessero alle azioni volte a salvare gli ebrei.
È vero piuttosto il contrario: hanno prestato aiuto ogni qualvolta hanno potuto.
Il fatto che il Vaticano non abbia potuto evitare la partenza del treno che portò al campo di sterminio, durante i tre giorni trascorsi dal rastrellamento del 16 ottobre fino al 18, può solo aver aumentato la volontà, da parte vaticana, di offrire i propri locali come rifugio per gli ebrei.
Gli ebrei romani ebbero una reazione traumatica. Essi vedevano nella persona del Papa una sorta di protettore e si aspettavano che li salvasse ed evitasse il peggio. Bene, sappiamo tutti cosa è successo, ma dobbiamo anche riconoscere che quello partito il 18 ottobre 1943 fu l'unico convoglio che i nazisti riuscirono ad organizzare da Roma verso Auschwitz.
Questo desideravo condividere con Voi. non vi trattengo oltre e Vi ringrazio nuovamente per avermi invitato.
Da “Messaggi di Don Orione” 2/2011 n 135
F. Peloso, DON GAETANO PICCININI, "GIUSTO TRA LE NAZIONI" . I fatti, le ragioni, il significato dell'onorificenza di Israele. Genio, intraprendenza, cuore di un orionino al centro di una rete di protezione di ebrei durante gli anni dello sterminio.
Yad Vashem, l'Istituto per la Memoria dei Martiri e degli Eroi dell'Olocausto, ha conferito a Don Gaetano Piccinini, il titolo di "Giusto tra le Nazioni" per l'opera di salvezza in favore di Ebrei nella seconda guerra mondiale. Durante la cerimonia ufficiale, il 23 giugno 2011, presso il Centro Don Orione di Via della Camilluccia a Roma - Monte Mario, l'ambasciatore di Israele, Mordechay Lewy, ha consegnato la Medaglia alla memoria del benemerito Orionino.
Don Gaetano Piccinini (Avezzano 1904 - Roma 1972) perse la famiglia a causa del terremoto della Marsica del 1915 e fu raccolto da Don Luigi Orione. Il Santo gli fece da padre e Piccinini si identificò affettivamente e spiritualmente con lui divenendo religioso e sacerdote tra i suoi Figli della Divina Provvidenza.
Laureato in Lettere, fu Direttore e Preside in diversi Istituti Orionini. Fu promotore di molte nuove aperture di case e opere in Italia meridionale, in Inghilterra e negli USA. Fu a lungo consigliere generale della Congregazione.
Era uomo di grande ingegno intellettuale e di notevoli capacità organizzative che seppe magnificamente valorizzare in tante imprese di bene. Si lanciava in tutte le grandi emergenze. Quella che ricordiamo con questa medaglia, per la salvezza di molti Ebrei, è solo una delle emergenze cui Don Piccinini si dedicò con passione durante la seconda guerra mondiale.
Successivamente, si occupò degli orfani e mutilatini del dopo guerra, organizzando una dozzina di grandi istituzioni in Italia, tra cui quella di Monte Mario. Poi, accorse in soccorso nell'alluvione del Polesine (1951), si lanciò con tempestività e saggezza - sempre con la collaborazione di religiosi, laici e suore orionine - nel terremoto dell'Irpinia (1962), nel disastro del Vajont (1963), fino al terremoto della Valle del Belice (1968) in Sicilia, a Gibellina.
La sua vita e la sua attività instancabile si fermarono il 29 maggio 1972, lasciando un grande ricordo per la sua integrità sacerdotale, per il suo apostolato lungimirante e intraprendente, per la profonda vita interiore, il culto dell'amicizia, la promozione del laicato.
Nel periodo delle leggi razziali, a partire dal 1938, era Direttore dell'Istituto di Novi Ligure (AL) e contemporaneamente Preside del Pontificio Istituto scolastico "San Filippo Neri", nel quartiere Appio a Roma. Durante la seconda guerra mondiale operò soprattutto a Roma e si prodigò per soccorrere tante persone di razza ebraica, spesso rischiando la propria vita. Mantenne anche successivamente rapporti di amicizia con le persone salvate, come nel caso di Bruno Camerini, che figura come il richiedente ufficiale dell'onorificenza di "Giusto fra le Nazioni", perché da lui salvato.
Don Gaetano Piccinini è la punta elevata dell'azione in favore degli Ebrei condotta da molti altri Confratelli e in varie case della Piccola Opera della Divina Provvidenza di San Luigi Orione. Questo capitolo di storia, rimasto necessariamente nella discrezione, è stato recentemente ricostruito nel mio studio Orionini in aiuto degli ebrei negli anni dello sterminio («Messaggi di Don Orione», 2003, n. 112, pp. 75-106) e nel libro di Mario Macciò, Genova e "ha Shoah". Salvati dalla Chiesa (II Cittadino, Genova 2006).
Anche recentemente, sono venuto a conoscenza di nuove pagine di solidarietà ardita e generosa che hanno per protagonisti religiosi e case di Don Orione di tutta Italia. Immancabilmente poi, quasi sempre, risulta che il coordinatore, da un capo all'altro dell'Italia, era lui, Don Gaetano Piccinini. Ho trovato commovente il fatto che i Confratelli, fedeli alla consegna di assoluta riservatezza di quelle operazioni, solo dopo 50 o 60 anni dagli eventi hanno cominciato a confidare qualcosa. Il più resterà per sempre nascosto.
Tra i salvati risultano anche alcuni personaggi famosi del mondo ebraico italiano. Tra tutti è da ricordare il famoso scultore Arrigo Minerbi, ospitato, sotto falso nome e con ruolo di professore, nell'Istituto San Filippo Neri di Roma. È opera sua la grande statua detta "La Madonnina", alta 9 metri, che si erge su Monte Mario benedicente Roma. Con Arrigo Minerbi, al San Filippo Neri, c'era anche Ettore Carniccio, eminente matematico e fisico. Ma ogni vita è preziosa agli occhi di Dio e lo era per Don Piccinini che cercò di salvarne il più possibile.
In Segreteria di Stato, all'epoca, c'era Mons. Giovanbattista Montini, poi Paolo VI, il quale si onorò sempre di annoverarsi nel circolo degli Amici di Don Orione, conosciuto da lui personalmente negli anni Trenta. Era Mons. Montini che trasmetteva a Don Piccinini e ai Superiori della Congregazione i desideri di Pio XII e, molto probabilmente, segnalava anche precise persone e situazioni di Ebrei per i quali "fare qualcosa".
Nel quadro di queste vicende, mi ha particolarmente sorpreso trovare una lettera di Raffaella Lantini, moglie dell'on. Ferruccio Lantini, ministro delle Corporazioni del governo fascista, scritta a Don Piccinini per chiedergli di aiutare la famiglia della signora Ottolenghi: «Li metto nelle vostre mani e sotto la protezione di Don Orione*. Sarà poi l'avv. Giuseppe Ottolenghi, nel decennale della Liberazione, insieme al Presidente della Comunità Israelitica di Roma, a consegnare a Don Piccinini il primo attestato con scritto: «'1945-1955. Gli Ebrei d'Italia riconoscenti a Don Gaetano Piccinini».
Come superiore generale della Famiglia Orionina, devo dire che questo riconoscimento di Israele a Don Gaetano Piccinini è molto gradito perché onora un Confratello degnissimo, la Congregazione e la Chiesa. Per noi Orionini, in particolare, costituisce stimolo a coltivare uno stile di carità senza confini che mostri la maternità universale della Chiesa. Come diceva Don Orione, «la carità non guarda se chi bussa abbia un nome, una religione, una patria, ma solo se abbia un dolore.. Don Gaetano Piccinini agiva proprio così.
La Chiesa Cattolica, il Vaticano e il Papa: hanno prestato aiuto ogni qualvolta hanno potuto
(di Mordechay Lewy – Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede)
Desidero salutare lo Spettabile Superiore Generale dell'Opera Don Orione, Don Flavio Peloso, il Sig. Sindaco di Avezzano, Dott. Antonio Floris, Monsignor Andrea Gemma vescovo, i familiari del giusto don Gaetano Piccinini, specialmente il nipote Clemente, della famiglia Camerini, signore e signori.
Sono lieto di aver potuto accogliere l'invito a partecipare a questa cerimonia in onore di Don Gaetano Piccinini che ha aiutato a salvare membri della famiglia Camerini facendo il possibile per alleviare la dura prova cui sono stati sottoposti durante il periodo dell'occupazione. Non mi soffermo dunque sui dettagli della vicenda che la mia collega Livia Link ha già illustrato e del resto sono presenti i testimoni diretti che certamente molto meglio di me possono raccontare la storia.
Vorrei invece accennare molto brevemente ad un argomento ampiamente discusso: l'atteggiamento della Chiesa durante il periodo dell'occupazione nazista a Roma, durante il quale la vita degli ebrei della città è stata messa in serio pericolo, e tanti di loro purtroppo non hanno fatto ritorno dai campi di sterminio. Senza Don Gaetano Piccinini, e altri uomini e donne come lui, il numero di vite umane spezzate sarebbe stato molto più alto. A Don Piccinini riconosciamo di non aver dato solo asilo, ma di averlo fatto nel rispetto delle origini e identità di ciascuno.
A partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre del 1943, e nei giorni successivi, monasteri e orfanotrofi tenuti da ordini religiosi hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano, che erano quindi informati di questi gesti, sarebbe pertanto un errore dichiarare che la Chiesa Cattolica, il Vaticano e il Papa stesso si opponessero alle azioni volte a salvare gli ebrei.
È vero piuttosto il contrario: hanno prestato aiuto ogni qualvolta hanno potuto. Il fatto che il Vaticano non abbia potuto evitare la partenza del treno che portò al campo di sterminio, durante i tre giorni trascorsi dal rastrellamento del 16 ottobre fino al 18, può solo aver aumentato la volontà, da parte vaticana, di offrire i propri locali come rifugio per gli ebrei.
Gli ebrei romani ebbero una reazione traumatica. Essi vedevano nella persona del Papa una sorta di protettore e si aspettavano che li salvasse ed evitasse il peggio. Bene, sappiamo tutti cosa è successo, ma dobbiamo anche riconoscere che quello partito il 18 ottobre 1943 fu l'unico convoglio che i nazisti riuscirono ad organizzare da Roma verso Auschwitz.
Questo desideravo condividere con Voi.
Non vi trattengo oltre e Vi ringrazio nuovamente per avermi invitato.
Medaglia di Giusto fra le nazioni a don Gaetano Piccinini (di Livia Link-Raviv*)
" Consigliere dell'Ambasciata di Israele per gli affari pubblici.
Sono onorata ed emozionata di essere qui oggi a rappresentare il mio Stato, lo Stato d'Israele, in una cerimonia così importante e toccante.
Saluto Don Flavio Peloso, Superiore Generale dell'Opera Don Orione, che ringrazio anche per l'ospitalità qui oggi presso la Sala Congressi del Centro Don Orione.
Saluto e ringrazio per la sua presenza Sua Eccellenza Mordechay Lewy, Ambasciatore dello Stato d'Israele presso la Santa Sede.
Saluto e ringrazio il sig. Clemente Piccinini, nipote del Giusto Don Gaetano Piccinini, e che riceverà il riconoscimento in sua memoria, e saluto i sopravvissuti Bruno, Mirella e Carla Camerini, e la signora Sandra Terracina, figlia della signora Marisa Camerini, che purtroppo per motivi di salute non può essere qui oggi con noi. Grazie di essere venuti qui oggi con i vostri familiari a ricordare con noi il miracolo avvenuto in quei terribili giorni.
Siamo qui oggi per onorare la benedetta memoria di Don Gaetano Piccinini con la Medaglia di Giusto tra le Nazioni.
Il riconoscimento di Giusto fra le Nazioni è unico e particolare - Un termine del mondo ebraico applicato a una persona di fede non ebraica - Questo è il modo dell'Ebraismo di abbracciare sotto le sue ali queste nobili persone che, avendo salvato degli ebrei, sono diventate, in un certo senso, parte del popolo ebraico. Così come dice un passo del Talmud: Chi salva un essere umano, è come se salvasse il mondo intero.
L'integrità morale e l'umanità di noi tutti è messa alla prova ogni giorno, ogni ora, di fronte a infiniti dilemmi; ma la prova più difficile e dura che la Storia ci ha riservato è stata senza dubbio la Shoàh.
In quell'ora, di fronte alla macchina di sterminio nazista, nel momento più buio dell'Umanità, vi sono state delle singole persone, rette e virtuose, che hanno saputo riportare la luce.
In quell'ora, nel pieno del "male assoluto", queste persone hanno mostrato l'umanità nella sua forma più nobile, tendendo la mano a un altro essere umano, pur mettendo a rischio le proprie vite.
La loro moralità non ha consentito loro di restare indifferenti alla sofferenza e al dolore. Essi hanno compreso che potevano compiere una scelta, e che anche un singolo essere umano può fare la differenza.
Provate a immaginarvi in una situazione simile a quella della famiglia Camerini, una normale famiglia romana.
Emarginati dalla società già per le Leggi razziali, nell'ottobre del 1943 sono anche costretti a fuggire fisicamente, perché ricercati dai Tedeschi che occupano Roma e che rastrellano tutte le case degli ebrei della Capitale.
Il padre di famiglia, Umberto Camerini, è fuori casa per cercare un rifugio, e assiste alla grande retata nazista nel ghetto di Roma. Chiama la moglie Erlina per avvisarla e le dice di nascondersi presso la vicina di casa, assieme ai figli Bruno, Marisa, Mirella e Carla.
Poi grazie alla mediazione di un suo cliente di lavoro, il sig. Renato Castellani, il signor Umberto entra in contatto con il loro salvatore, Don Gaetano Piccinini, presso l'istituto San Filippo Neri, dell'Opera Don Orione, in Roma.
Don Piccinini in pochissimo tempo trovò un rifugio e una sistemazione per tutta la famiglia Camerini: i due genitori in due conventi; le figlie Marisa e Carla presso un orfanotrofio gestito da suore, e i figli Mirella e Bruno, in un altro orfanotrofio, la "Casa dell'Orfano".
Don Piccinini si preoccupò di loro anche dopo, andando a trovarli spesso per confortarli e per far loro coraggio. Egli fu mosso esclusivamente da motivi umanitari, come sempre confermato da tutte le persone da lui aiutate. E la sua sensibilità e il rispetto per la dignità umana, lo portarono addirittura a far assegnare al piccolo Bruno delle mansioni che gli permettessero di non essere presente alle preghiere cattoliche, per rispetto della sua fede.
Il suo rapporto umano e di amicizia con la famiglia Camerini è proseguito anche dopo la fine della guerra, fino alla morte del giusto Don Gaetano Piccinini, nel 1972.
Don Piccinini e l'Opera Don Orione, sono dunque un altro esempio dell'importante ruolo positivo, non sempre ricordato abbastanza, che svolse la Chiesa nel salvare la vita a molti ebrei durante le terribili persecuzioni della Shoàh.
Siamo dunque di fronte a un reale e concreto caso di salvataggio di vite umane, ad altissimo rischio della propria vita, e senza alcuna ricompensa.
Lo Stato di Israele, in quanto stato del popolo ebraico, ha sentito dovere morale di perpetuare la memoria di questi giusti con una legge di Stato che decreta la nascita dell'istituto Yad Vashem.
Yad Vashem - è appunto l'Istituto per la Memoria dei Martiri e egli Eroi della Soah, creato nel 1953, al fine di commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori. I suoi compiti prioritari sono la rimembranza, la ricerca e l'educazione mediante l'insegnamento della Shoàh.
Al suo interno, una speciale commissione giuridica assegna la medaglia di Giusto fra le Nazioni.
Per capire l'importanza di questo riconoscimento, basti dire che esso è l'unica onorificenza civile esistente in Israele.
Così noi continueremo a costruire il nostro futuro: con la memoria e il rispetto dell'eredità del passato, ma con lo sguardo saldo e deciso verso il futuro
In Italia sono stati riconosciuti, fino ad oggi, circa 490 Giusti fra le fazioni. Ma oggi la coscienza non è più di singole persone: il paese intero, le stesse istituzioni italiane si sono impegnate a preservare e trasmettere la memoria, e a educare e insegnare la Shoàh.
Primo Levi esprime secondo me in maniera migliore il senso di questa cerimonia, parlando del suo amico e salvatore Lorenzo Perrone, e scrive che grazie a lui è ancora vivo - cito - «non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avermi costantemente rammentato, con la sua presenza ... che ancora esisteva un mondo giusto al di fuori del nostro, qualcosa e qualcuno di ancora puro e intero, di non corrotto e non selvaggio ... una remota possibilità di bene, per cui tuttavia metteva conto di conservarsi» (Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino 1958, p. 153).
È però importante ricordare anche che a fronte della Shoàh c'è stata anche una rinascita, c'è stato il rinnovamento, la ripresa. La migliore rivincita su chi perseguiva il nostro male è stato il progetto sionista. All'intenzione di sterminare è stato risposto con la vita, alla volontà di distruggere, con la costruzione.
Il popolo ebraico, non a causa ma nonostante la Shoàh, è finalmente ritornato alla sua patria storica, e in essa conduce una vita diamica e fervente. Lo Stato d'Israele gode oggi di un progresso tecnologico tra i più avanzati al mondo, di una popolazione variegata e di una cultura ricchissima. Pensino di fronte alle continue minacce esterne, Israele mantiene la sua forza, grazie proprio alla determinazione nel preservare il proprio carattere democratico. Grazie per la vostra presenza.
Testimonianza di don Giuseppe Sorani
Nel settembre 1943 avevo quasi 15 anni, e si andava concludendo un quinquennio di faticosa e dolorosissima sopravvivenza Dal 1938, per le leggi razziali, praticamente ero stato messo in strada, privato della casa, della scuola, del vitto, con una famiglia dispersa. Potei sopravvivere attraverso la benevolenza di qualche amico che ci poteva accogliere qua e là. Io e mio fratello, per lunghissimi 5 anni, abbiamo insieme faticato per sopravvivere. Mi ha fatto scoprire che non ero più sotto l'interrogativo di Primo Levi ( se questo è un uomo); aveva ricostruito questa identità e lasciato senza alcuna speranza.
Subito dopo il settembre del 1943, con l'armistizio, Roma è stata occupata dai nazisti e quindi è cresciuta la minaccia di una deportazione che non lasciava scampo, per cui non erano più possibili nascondigli.
Ecco, in un quadro così penoso, pesantissimo, appare questo gigante buono della favola, Don Piccinini, il quale si fa subito premura di dare una protezione che era forse la cosa più urgente: protezione. Ma quello che a me ha colpito in quel momento - perché ormai ero un ragazzo abbastanza attento alle situazioni - non è stato tanto il fatto di trovare una protezione, ma il modo con cui affrontava questo problema.
Aveva una grande serenità d'animo, una grande discrezione senza far domande, senza definire la situazione; con una forma eli accoglienza proprio interiore, senza dar peso e neanche mostrare paura delle situazioni, del contesto. Sembrava per lui tutto facile. Come se proteggere un ebreo in quel momento fosse una cosa scontata ed ordinaria, semplicissima. Vi provvedeva senza timori, senza preoccupazione. Ma in più aggiungeva un senso di paternità molto rispettosa della mia realtà umana che naturalmente per cinque anni era stata calpestata. Riusciva con questo suo atteggiamento discretissimo e delicato, e con un sorriso premuroso a provvedere senza dare peso, senza atteggiamenti di superiorità, di condiscendenza.
Vedere in lui un agire da padre, facile e tranquillo, ha impressionato in quel momento un ragazzo di 15 anni che invece veniva da un percorso lunghissimo di smarrimento. Potete immaginare come abbia subito trovato sollievo non tanto dalla protezione stessa, ma quanto da questo suo atteggiamento molto personale che praticamente ha ricostruito la mia dignità, la mia identità. Mi ha fatto scoprire che non ero più sotto l'interrogativo di Primo Levi (Se questo è un uomo); aveva ricostruito questa dignità, questa identità e mi scoprivo veramente un uomo, non un emarginato dal genere umano.
Poi è arrivato il 4 di giugno 1944 e la liberazione.
Voglio ricordare due piccolissime circostanze. Le voglio riferire come testimonianza, proprio perché sono state la conseguenza di questo atteggiamento vissuto e offerto da don Piccinini.
Con una nuova coscienza, dopo sei anni di sofferenza, restituita, ritrovata, ho visto il 4 di giugno partire da Roma gli ultimi soldati tedeschi, con questi sydecars, con moto; avevano tutti la mia età, ormai sedicenne, avevano tutti la mia età. Erano poveri ragazzi, coperti di polvere di fango e di tristezza, di appesantimento. Lasciavano Roma sconfitti. Sarebbe stato per me molto facile in quel momento, esprimere rappresaglie, operare cioè, non diciamo in forma vendicativa, ma come uno sfogo di rappresaglia dopo sei lunghissimi anni di pena. Ma don Piccinini aveva, appunto, ricreato in me una coscienza umana per cui ho lasciato che quei tedeschi, giovanotti come me, potessero prendere senza soffrire la via di casa, anche perché pensavo che non dovevano le mie mani aggiungere una rovina alla mia vita già tanto marcata.
E poi, subito dopo, un altro fatto. Don Piccinini, pochi giorni dopo l'entrata degli americani in Roma, mi ha affidato la custodia di un ufficiale nazista, in divisa. Me lo aveva affidato perché lo nascondessi per un paio di settimane portandogli da mangiare, portandogli gli abiti civili. Per alcuni giorni parlai con questo ufficiale, ancora convinto che la guerra l'avrebbe vinta, ancora convinto che gli ebrei dovevano tutti essere sterminati. È naturale che non gli ho detto nulla. L'ho aiutato per quanto possibile, sempre in forza di questa coscienza umana restituita, ricostruita, benedetta dalla dolcezza, dalla forza di don Piccinini. Mi ha fatto pensare, guardando questo ufficiale: anche questo è un uomo.
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