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Ricordiamo Sac. CAPELLI Fausto

Qualifica religiosa: Sacerdote
Data del decesso: 28 Febbraio 1975
Luogo del decesso: Roma
Luogo di sepoltura: Roma, cimitero Verano

Sac. CAPELLI Fausto, da Sant' Oreste (Roma), morto a Roma nel 1975, a 63 anni di età, 45 di Professione e 39 di Sacerdozio.


Don Giuseppe Zambarbieri in “Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia”, Aprile – Giugno 1975, p. 166 – 168:

APPENDICE

(Da una comunicazione del 1° marzo 1975 a tutti i Figli della Divina Provvidenza)

IN MEMORIA DI DON CAPELLI...

Proprio alla vigilia del VII Capitolo Generale, il Signore ha voluto visitarci, prendendo con Sè, quasi all’improvviso, il nostro Don Capelli, ben noto a molti di voi che lo hanno conosciuto stu­dente alia Gregoriana, direttore a Milano ed al San Filippo di Roma, e particolarmente qui alia curia generalizia, dove da anni si pre­stava —• nella direzione della Casa — con tanta premura e deli­catezza per tutti.

Nelle settimane scorse aveva subito un leggero intervento chirurgico, ma era tornato con un bel tono che era motivo di con­forto per lui, come per noi tutti, e proprio l'altro ieri aveva ricevuto i complimenti anche dal Cardinale Paupini, venuto a portarci gli auguri per il Capitolo.

Ieri mattina, celebrata come al solito la S. Messa alle Suore, aveva fatta colazione con noi, offrendoci — con l’amabilità che lo distingueva — un biscotto di S. Oreste, e poi era salito in ufficio per affidare all'autista Tonino le prime commissioni. Fu un mo­mento. Accusò, all’improvviso, uno strano bruciore agli occhi e si sentì mancare, perdendo la conoscenza. Fortunatamente gli era vicino Don Perlo, che lo sorresse. Fr. Arsenio gli praticò le prime cure intuendo la gravità del caso, confermata, di lì a poco, dal dott. Fulvio D'Angelo, già alunno e congregato muri-ano del San Filippo, accorso con affettuosa sollecitudine: si trattava, purtroppo, di emorragia cerebrale ed urgeva il ricovero. (Nella stessa ora, a Tortona, mia mamma riceveva quella che è stata, forse, l’ultima lettera di Don Capelli: la ringraziava del dono mandatogli all'ospe­dale e soprattutto delle preghiere, 'assicurandola di sentirsi tanto bene e di essere contento perché aveva potuto riprendere il suo servizio in casa, proprio mentre arrivavano i Capitolari).

Non ha più ripreso i sensi: nel primo pomeriggio, nella astan­teria dell’ospedale San Giovanni (grazie anche all'interessamento della caposala, mamma di un ex alunno del San Filippo) Don Terzi gli ha potuto amministrare l'Olio degli Infermi. Poco più tardi, i medici ci ripetevano che non avrebbe passata la notte, ma già verso 'le 21 11 caro nostro fratello, assistito da Don Di Clemente, tornava al Signore senza aver più dato segno di conoscenza.

Stamattina, offrendo la prima S. Messa di suffragio iper la sua anima benedetta, in questo primo sabato del mese, — nell’ora medesima 'ieri D. Capelli aveva celebrato per -l'ultima volta — abbiamo insieme meditato sol mistero di questa morte così repen­tina, in questa particolare ora della nostra famiglia religiosa, e ciascuno di noi ha ripensato ai tanti esempi ricevuti da un fra­tello così buono, sempre ed in tutto esemplare.

Era nato nel 1911 a S. Oreste, il paese che portò sempre nel cuore per tutta la sua vita (anche ieri mattina, in refettorio, mi parlava di Mons. Germinio e mi diceva ila sua pena nel saperlo malato e quasi cieco) e dove tornava volentieri finché vissero papà Ubaldo e la sua piissima mamma. Don Orione, Che ne aveva intuito le non comuni qualità d’animo e di intelligenza, dopo gli studi alla Gregoriana — dove s’era laureato con lode — lo aveva destinato al nascente Piccolo Cottolengo Milanese.

Fu esattamente quarant’anni fa, a Milano — all'inizio del suo sacerdozio — che ho avuto ila sorte di conoscerlo e poi di lavo­rare proprio con lui, vivente ancora il venerato Fondatore: facevo la spola tra Novi, Tortona e Milano ed ho potuto misurare quanta stima e fiducia godeva presso Don Orione e Don Sterpi.

Con ila sua modestia e umiltà, con rara discrezione e saggez­za, soprattutto con l’integrità di una vita religiosa e sacerdotale coerente fino in fondo, senza mai un’ombra o un compromesso, seppe conquistarsi gli animi di tutti — confratelli, assistiti, colla­boratori, amici — a Milano, poi a Roma al San Filippo, nuovamen­te al Piccolo Cottolengo Milanese e, da ultimo, in curia: con il più grande rispetto verso chiunque, con incantevole mitezza. Soprat­tutto, con la sua disponibilità in ogni momento e per qualunque persona, pronto e contento com'era di sobbarcarsi agli uffici più umili (fino a sostituire il portinaio, anche per lunghi periodi, spe­cie in estate) e felice di poter offrire i suoi servizi, massime a confratelli, ex alunni ed ospiti che, di passaggio in curia, trova­vano in lui chi li accoglieva con infinita comprensione, pazienza e dolcezza.

Quante cose vorrei e potrei dirvi di lui: di quello che ha sof­ferto durante la guerra, fino a correre pericolo d’essere fucilato per aver soccorso degli ebrei; del prezioso contributo dato a Don Pensa come Segretario Generale, nel sessennio 1952-1958, quando, fra l’altro, preparò un interessantissimo studio giuridico, di 200 pagine, sul governo ordinario della Congregazione, pubblicato sen­za che, peraltro, mai compaia il suo nome, tanto egli amava restare nell'ombra... Segnalerò solo le squisite attenzioni che aveva anche e particolarmente per i più umili, per gli operai della casa, per le vecchierelle del Piccolo Cottolengo, le « buone figlie », specie per quante aiutavano in cucina, lavanderia, guardaroba o offrivano qualche servizio alla casa. Aveva per ognuna la stessa considerazione che usava verso i massimi benefattori: s'interessava ai loro problemi -come se fossero persone della sua stessa famiglia; le ricordava a Natale, a Pasqua, per l'onomastico, sollecito a ri­spondere ad ogni cartolina, come avrebbe fatto per uno scritto del Cardinale. Non a caso il primo telegramma di condoglianze arrivato qui in curia è stato quello degli operai del Piccolo Cot­tolengo.

Il 3 marzo, quando celebreremo i suoi funerali ad Ognissanti, saranno con noi quasi tutti i Capitolari. Penso sia per un disegno della Provvidenza che al caro Don Capelli si renda un tributo così solenne di suffragi, dopo che in vita ha sempre preferito passare nel silenzio, nell'ombra, mentre ritengo sia una vera grazia per noi, carissimi confratelli vicini e lontani, l’essere stati chiamati, proprio in questo momento, a riflettere su questa morte così improvvisa (che Don Capelli si sia offerto «vittima per la Congre­gazione»?) come sull’esempio lasciatoci da un religioso così pio, così coscienzioso ed esatto In tutto, veramente osservante, mode­sto, illibato e povero, secondo il cuore di Don Orione.


Dal "Don Orione" del 1 aprile 1975:     

Don Fausto Capelli 

Don Fausto Capelli, nato a Sant'Oreste (Roma) il 6 giugno 1911, improvvisamente è tornato al Signore nell'ospedale S. Giovanni di Roma la sera del 28 febbraio. La stessa mattina aveva appena celebrato la Messa e stava per accingersi al suo lavoro quotidiano presso la Casa Generalizia. Da una settimana aveva lasciato la clinica quando venne colpito da un attacco cerebrale dopo un leggero intervento.

«Tornare al proprio lavoro, dopo una assenza — confidava a un confratello — è come ricominciare a vivere...».

La figura di Don Capelli, minuta nel fisico, schiva di atteggiamenti eccentrici, tutta semplicità di tratto e immediatezza di rapporti lineari, fraterni, era emblematica di una « vocazione » accettata con convinto amore.

Era stato ricevuto a Tortona nell'ottobre del 1922 dal Padre Fondatore appena ritornato dalla visita alle istituzioni dell'Opera in Sud America, Brasile e Argentina.

Don Orione aveva accolto con festa il piccolo Fausto, perché gli era stato presentato dall'amico arciprete di S. Oreste, Don Mariano De Carolis, che già gli aveva inviato Angelo Bartoli e, in seguito, coadiuvato da Don Germinio Abballe, gli avrebbe donato altre preziose vocazioni. Questa amicizia di Don Orione con Sant'Oreste portò, in seguito nella suggestiva cittadina romana le Piccole Suore Missionarie della Carità e, sul Monte Soratte, gli Eremiti della Divina Provvidenza.

L'indole mite e riflessiva di Fausto Capelli favorì il suo spedito cammino, tanto nel tirocinio della vita religiosa che nel corso degli studi. Fu ordinato sacerdote nella festa di San Pietro 1935, da Mons. Melchiori.

Contrariamente a quanto pensava, Don Orione lo designò alla direzione del « Restocco », vecchia sede del Piccolo Cottolengo in Milano. E durante quell'incarico riuscì a preparare la laurea in Teologia. Restò al « Restocco » tre lustri.

Con la semplicità di un comportamento avveduto e senza sussulti, Don Capelli seppe richiamare attorno alla Casa la simpatia e la benevolenza di Amici, piccoli e grandi, che legarono all'amore verso Don Orione zone nuove della beneficenza  cittadina.

In lui, e nelle umili Suore, molti videro il simbolo di una carità fatta di silenzio, di opere a conforto dei più poveri e bisognosi, secondo lo spirito e l'esempio di Don Orione.

Vicendevole stima e amicizia lo vincolarono a figure della statura morale del Sen. Cavazzoni, di Don Benedetto Galbiati, di Don Gnocchi. Milano divenne, in quegli anni, la patria del cuore di Don Capelli: a lui si strinse in amicizia affettuosa la schiera di benefattori e Amici di Don Orione che nella metropoli lombarda continuano tuttora - senza flessioni, anzi con aumentati strumenti di collaborazione - la tradizione caritativa dei primi anni del Piccolo Cottolengo.

Gli anni successivi - dal 1950 al 1958 - segnarono l'inizio del secondo periodo di Don Capelli: quello «romano», prima come direttore all'Istituto San Filippo (1950-1952), poi come Segretario Generale dell'Opera a fianco di Don Carlo Pensa.

Nel tempo a disposizione curò un diligente apprezzato studio sul «Governo ordinario della Piccola Opera secondo le leggi della Chiesa, il diritto religioso comparato e le nostre Costituzioni ».

Ci fu un intermezzo ancora a Milano, ma poi ritornò definitivamente alla Casa Generalizia.

Chiunque giungeva alla sede centrale della Congregazione, e a qualunque ora, trovava il caro Confratello pronto alla sistemazione, generoso nelle indicazioni e prestazioni necessarie, amabile e sereno. Non sembrava poco veramente — a chi conosce le caratteristiche di un «centro di smistamento» qual è la Casa che accoglie i Superiori e gli uffici centrali — avere la certezza di trovare un volto che rasserena, l'affabilità di chi si moltiplica in premure e attenzioni, facendo subito assaporare il clima di famiglia che tanto rincuora.

La carità aperta, ricca di sollecitudini e sensibilità: questa la caratteristica di Don Capelli; questi i motivi della gratitudine verso di lui tutti i Figli della Divina Provvidenza: l'esempio di una fraternità pacata e sincera, sempre servizievole, riflesso dello spirito «buono», del quale si era nutrito e plasmato, alla scuola degli amati Padri dell'anima Don Orione e Don Sterpi.


Piero Compostela  ricorda Don Capelli:

Piccolo di statura, grande d'ingegno e, soprattutto, di virtù. Gli occhi spesso rivolti a terra, ma come muoveva anche di poco le palpebre, subito sfavillavano e l'interlocutore avvertiva quanto vi fosse, in quell'anima, di prezioso valore, di vivace ingegno, di ferrea e diritta volontà.

Poche e misurate le sue parole, controllate in ogni evenienza. Vi fu chi gli fece del male, del gran male, forse senza saperlo: certo senza rendersene conto appieno. Il tremito delle sue mani, che, dopo di allora, gli rese diffìcile l'uso della penna, era l'unico segno rimasto di quella amara esperienza nella quale aveva provato quanto costa l'adempiere al precetto : «fare del bene a tutti ».

Se n'è andato in silenzio per non recar disturbo: all'ite missa est, posando il capo sul cuore del Maestro che l'attendeva sulla soglia dell'eterno giorno, della suprema gioia infinita.


Dal "Don Orione" del 1 aprile 1976:

di Don Albino Cesaro   

Don Fauso Capelli. Ricordo nel primo anniversario della sua scomparsa

Proprio alla vigilia del VII Capitolo Generale, il Signore ha voluto visitarci, prendendo con Sè, quasi all'improvviso, il nostro Don Capelli, ben noto a molti di voi che lo hanno conosciuto stu­dente alla Gregoriana, direttore a Milano ed al San Filippo di Roma, e particolarmente qui alla curia generalizia, dove da anni si pre­stava — nella direzione della Cesa — con tanta premura e deli­catezza per tutti.

Nelle settimane scorse aveva subito un leggero intervento chirurgico, ma era tornato con un bel tono che era motivo di con­forto per lui, come per noi tutti, e proprio l'altro ieri aveva ricevuto i complimenti anche dal Cardinale Paupini, venuto a portarci gli auguri per il Capitolo.

Ieri mattina, celebrata come al solito la S. Messa alle Suore, aveva fatta colazione con noi, offrendoci — con l'amabilità che lo distingueva — un biscotto di S. Oreste, e poi era salito in ufficio per affidare all'autista Tonino le prime commissioni. Fu un mo­mento. Accusò, all'improvviso, uno strano bruciore agli occhi e si sentì mancare, perdendo la conoscenza. Fortunatamente gli era vicino Don Perlo, che lo sorresse. Fr. Arsenio gli praticò le prime cure intuendo la gravità del caso, confermata, di lì a poco, dal dott. Fulvio D'Angelo, già alunno e congregato mariano del San Filippo, accorso con affettuosa sollecitudine: si trattava, purtroppo, di emorragia cerebrale ed urgeva il ricovero. (Nella stessa ora, a Tortona, mia mamma riceveva quella che è stata, forse, l'ultima lettera di Don Capelli: la ringraziava del dono mandatogli all'ospe­dale e soprattutto delle preghiere, assicurandola di sentirsi tanto bene e di essere contento perchè aveva potuto riprendere il suo servizio in casa, proprio mentre arrivavano i Capitolari).

Non ha più ripreso i sensi: nel primo pomeriggio, nella astan­teria dell'ospedale San Giovanni (grazie anche all'interessamento della caposala, mamma di un ex alunno del San Filippo) Don Terzi gli ha potuto amministrare l'Olio degli Infermi. Poco più tardi, i medici ci ripetevano che non avrebbe passata la notte, ma già verso le 21 il caro nostro fratello, assistito da Don Di Clemente, tornava al Signore senza aver più dato segno di conoscenza.

Stamattina, offrendo la prima S. Messa di suffragio per la sua anima benedetta, in questo primo sabato del mese, — nell'ora medesima ieri D. Capelli aveva celebrato per l'ultima volta — abbiamo insieme meditato sul mistero di questa morte così repen­tina, in questa particolare ora della nostra famiglia religiosa, e ciascuno di noi ha ripensato ai tanti esempi ricevuti da un fra­tello così buono, sempre ed in tutto esemplare.

Era nato nel 1911 a S. Oreste, il paese che portò sempre nel cuore per tutta la sua vita (anche ieri mattina, in refettorio, mi parlava di Mons. Germinio e mi diceva la sua pena nel saperlo malato e quasi cieco) e dove tornava volentieri finché vissero papà Ubaldo e la sua piissima mamma. Don Orione, che ne aveva intuito le non comuni qualità d'animo e di intelligenza, dopo gli studi alla Gregoriana — dove s'era laureato con lode — lo aveva destinato al nascente Piccolo Cottolengo Milanese.

Fu esattamente quarant'anni fa, a Milano — all'inizio del suo sacerdozio — che ho avuto la sorte di conoscerlo e poi di lavo­rare proprio con lui, vivente ancora il venerato Fondatore: facevo la spola tra Novi, Tortona e Milano ed ho potuto misurare quanta stima e fiducia godeva presso Don Orione e Don Sterpi.

Con la sua modestia e umiltà, con rara discrezione e saggez­za, soprattutto con l'integrità di una vita religiosa e sacerdotale coerente fino in fondo, senza mai un'ombra o un compromesso, seppe conquistarsi gli animi di tutti — confratelli, assistiti, colla­boratori, amici — a Milano, poi a Roma al San Filippo, nuovamen­te al Piccolo Cottolengo Milanese e, da ultimo, in curia: con il più grande rispetto verso chiunque, con incantevole mitezza. Soprat­tutto, con la sua disponibilità in ogni momento e per qualunque persona, pronto e contento com'era di sobbarcarsi agli uffici più umili (fino a sostituire il portinaio, anche per lunghi periodi, spe­cie in estate) e felice di poter offrire i suoi servizi, massime a confratelli, ex alunni ed ospiti che, di passaggio in curia, trova­vano in 'lui chi li accoglieva con infinita comprensione, pazienza e dolcezza.

Quante cose vorrei e potrei dirvi di lui: di quello che ha sof­ferto durante la guerra, fino a correre pericolo d'essere fucilato per aver soccorso degli ebrei; del prezioso contributo dato a Don Pensa come Segretario Generale, nel sessennio 1952-1958, quando, fra l'altro, preparò un interessantissimo studio giuridico, di 200 pagine, sul governo ordinario della Congregazione, pubblicato sen­za che, peraltro, mai compaia il suo nome, tanto egli amava restare nell'ombra... Segnalerò solo le squisite attenzioni che aveva anche e particolarmente per i più umili, per gli operai della casa, per le vecchierelle del Piccolo Cottolengo, le « buone figlie », specie per quante aiutavano in cucina, lavanderia, guardaroba o offrivano qualche servizio alla casa. Aveva per ognuna la stessa considerazione che usava verso i massimi benefattori: s'interessava ai loro problemi come se fossero persone della sua stessa famiglia; le ricordava a Natale, a Pasqua, per l'onomastico, sollecito a ri­spondere ad ogni cartolina, come avrebbe fatto per uno scritto del Cardinale. Non a caso il primo telegramma di condoglianze arrivato qui in curia è stato quello degli operai del Piccolo Cot­tolengo.

Il 3 marzo, quando celebreremo i suoi funerali ad Ognissanti, saranno con noi quasi tutti i Capitolari. Penso sia per un disegno della Provvidenza che al caro Don Capelli si renda un tributo così solenne di suffragi, dopo che in vita ha sempre preferito passare nel silenzio, nell'ombra, mentre ritengo sia una vera grazia per noi, carissimi confratelli vicini e lontani, l'essere stati chiamati, proprio in questo momento, a riflettere su questa morte così improvvisa (che Don Capelli si sia offerto «vittima per la Congre­gazione»?) come sull'esempio lasciatoci da un religioso così pio, così coscienzioso ed esatto in tutto, veramente osservante, mode­sto, illibato e povero, secondo il cuore di Don Orione.

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