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17 Novembre 2024

Frate Ave Maria: «Io mi offro ogni giorno, ogni ora, ogni istante a Gesù, per Maria» - VIDEO

In occasione della chiusura dell'Anno Mariano Orionino, proponiamo un video su Frate Ave Maria e il suo Colloquio con Maria, che ci fa capire come viveva la relazione con Maria.

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«Non mi chiamo più Cesare Pisano, ma Frate Ave Maria! Deo gratias!». Dopo gli anni terribili del buio e della desolazione, il 9 settembre 1923 Don Orione dà a Cesare Pisano, unitosi stabilmente alla comunità degli eremiti di Sant’Alberto di Butrio, un nuovo nome e il Signore uno spirito nuovo. Egli porta il nome “Ave Maria”.

Nomen omen, il nome è per lui identità, missione, destino. Vive la sua esistenza nel dinamismo «ad Iesum per Mariam». Gli diviene abituale firmarsi nelle lettere “Frate Ave Maria in Gesù crocifisso e Maria Addolorata”. Maria fa parte della sua identità.

Accanto al nome di Gesù sempre assocerà il nome di Maria, li vede inscindibilmente insieme e lui si sente indivisibilmente di Gesù e Maria. Non è solo sentimento. Nella storia della salvezza Maria è unita a Gesù perché gli è madre e la maternità si estende a tutti gli uomini. «Gesù ci lasciò per Madre la Santissima sua Ma­dre, (“Donna ecco tuo figlio”), il cui ufficio sarà portarci al suo Figlio, missione che ella compie ripetendoci il santo comandamento, quello di Cana di Galilea: ‘Fate quello che lui vi dirà’».

Maria «ci vuole portare a Gesù. Corriamo a Maria! Lasciamoci da lei donare a Gesù. Maria è oceano di grazia. Naufraghiamo in lei!». Nella sua esperienza personale Frate Ave Maria ha antici­pato la verità poi proclamata da Paolo VI: «Non si può essere cristiani senza essere mariani». Egli visse Gesù con la Madonna. «Io mi offro ogni giorno, ogni ora, ogni istante a Gesù, per Maria». “Ave Maria” è anche la sua missione.

«Don Orione mi diede il nome di Frate Ave Maria e mi fece capire che, dicendo Ave Maria, posso fare tutto per tutti». Prese sul serio quella parola. Diceva normalmente 20 rosari al giorno. «Per tutti pregava, pregava, ed aveva un concetto altissimo dei grandi servigi che egli poteva compiere mediante la sua preghiera», ha osservato Don Carlo Ravera, suo direttore all’eremo di san Corrado a Noto.

Frate Ave Maria scrisse un Colloquio con Maria, uno dei rari suoi testi non di corrispondenza. Ci fa capire come viveva la relazione con Maria.

Ave, Maria
O mia gioia, io confidente prego te, e tu ottienimi da Dio tuo Figlio che io possa fare in ogni istante ed incessantemente, quel che più giova all’intera povera umanità. In altre parole e più precisamente, concedi a noi miseri mortali non quello che desideriamo e siam tentati a desiderare, ma quel vero e sommo bene che tu tanto desideri e ti adopri far piovere dal cielo su questo burrone dei triboli, per tutto ravvivare, far fiorire e sorgere oltre gli antichi splendori di felicità perduti.

Ave, Maria!
Madre mia dolce, perché son felice da sì gran tempo?

Figlio mio caro, tu incominciasti a goder gran felicità dal momento che incominciasti ad amare il dolore.

O Maria, mia Santa! E chi indusse me, sì mondano, ad amare quel che il mondo riguarda come gran nemico?
‘Dacché la divina Grazia rivestì l’anima tua, dal momento in cui Gesù benedetto, l’unico frutto del mio verginal seno, il frutto pendente dall’albero della redenzione, divenne tuo cibo e tua bevanda di ogni giorno e di ogni istante, dal momento che la Passione del Signore, ed i miei dolori, agli occhi tuoi, o figliol mio diletto, furono svelati come abissi di sapienza e scienza, come via, porta, e caparra dell’eterna vita, tu non potesti far a meno di quello che hai fatto’.

O Madre mia! Io sono incapace, io sono il tuo povero balbuziente. Se il tuo amore mi spinge a parlare, la mia insufficienza mi obbliga al silenzio.
Madre mia, gioia mia, bellezza mia, sicurezza mia... io fui lontano da te infelicissimo, or sono a te vicino e son felice. Io fui disperato ed ora confido in te. Io fui cieco ed ora tu ed il tuo Figlio siete i miei occhi, i miei soli, la mia luce. Con altri occhi, altro sole, ed altra luce non voglio vedere!
Io disperai della felicità che mi prometteva il mondo, e ciò fu tuo dono!
Io incominciai ad odiare le massime perverse del mondo, e ciò fu grazia tua! Io confidai nel tuo patrocinio e nella infinita misericordia di Dio, e ciò fu per frutto del tuo materno abbraccio!
Io mi sforzai a ritirarmi dal male, e ad eleggere il bene, e tu eri accanto a me, tu mi ottenevi da Dio ogni cosa!<br/p> Grazie ti rendo, o Madre mia tenerissima, e grazie ti prego ad offrir per me al Figlio dell’Altissimo di cui tu sei la Madre!

O Maria, Madre, dolcezza, rifugio mio!
Tu fosti quell’abisso di umiltà che attrasse e ricevette in sé, e non per sé sola, l’abisso della grazia, della misericordia divina!
Apri, apri in me pure, questo sacro abisso: quello delle mie miserie e quello della misericordia divina, onde sia umile in me stesso e confidente in te. Nel sentir umilmente di me stesso e nel confidar nella misericordia di Dio, sta la vera sapienza. L’umiltà non è vera, se non porta a porre tutta la mia confidenza in Dio.

Ave, Maria!
Dimmi, che c’è di buono in me che non l’abbia ricevuto, che non sia tuo dono? Ecco che riconosco la verità di quelle parole divine di Gesù, che dice a me e ad ogni mio fratello: ‘Quando avrete fatto tutto quello che vi sarà comandato, dite: noi siamo servi inutili! Non abbiamo fatto altro che il nostro dovere’.
Tu dunque mi dici: ‘Figliuol mio, sii umile, sii sempre più umile e confidente in me’.
Che cose l’umiltà se non un abbassare gli occhi tuoi interiori sino al luogo dove tu giaci? Che cose la confidenza se non un rialzarli ancora verso Colui che ami e dal quale ogni bene attendi?

Ave, Maria!
Sai che io spero grandi cose da te. Sarò forse più forte io in speranza che tu non sia in potenza?

[F. Peloso, Si può essere felici. Vita di Frate Ave Maria, Edizioni San Paolo, 2022, 97-100].