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7 Marzo 2024

L'appello di card. Pizzaballa: “Subito il cessate il fuoco a Gaza”

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“Un cessate il fuoco a Gaza è sempre più urgente”. Torna a ripeterlo di nuovo, il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Il patriarca di Gerusalemme dei Latini ha affidato ai media vaticani il suo nuovo grido di dolore che racconta di una Striscia dilaniata da morte e caos. “Oltre alle terribili violenze delle bombe c’è anche la crisi della vita ordinaria. Mancano cibo, medicinali, acqua. Ad esempio, i nostri cristiani - dice - riescono a cucinare una volta o due e quello che cucinano deve bastare almeno per una settimana".

Purtroppo, non è la prima volta che quei luoghi sono martoriati dai venti di guerra, anche se la ferocia degli ultimi mesi ha raggiunto livelli tristemente alti. La Terra Santa è da sempre un luogo fondamentale non soltanto per tutti i cristiani, essendo il luogo della vita di Gesù, ma anche per la Congregazione di Don Orione, la cui presenza in Palestina cominciò nel marzo 1921, quando Don Orione informò il card. W. Marino Van Rossum di essere stato invitato dal Patriarca Latino di Gerusalemme, mgr. Luigi Barlassina, ad “inviargli almeno tre Religiosi, che prendessero la direzione dell’azienda agricola dei terreni del Patriarcato, al Rafat”. Don Orione seguì molto da vicino e con grandissimo interesse gli sviluppi di quella presenza in Terra Santa, che inizialmente fu poverissima e difficile. Nel 1925, poi, la presenza orionina si ampliò, con l’apertura di una colonia agricola a Cafarnao, sul Mare di Galilea. Oggi le missioni non sono più attive, ma la presenza in quella zona del mondo rimane con una missione in Giordiania, a Zarqa, dove i religiosi orionini gestiscono una parrocchia e una scuola, e dove già in passato hanno avuto a che fare con le conseguenze delle guerre, accogliendo i profughi di Siria e Iraq.

È per tutti questi motivi che oggi risuonano in maniera importante le parole del Card. Pizzaballa, che racconta le terribili immagini di uomini, donne e bambini che stanno soffrendo e morendo a migliaia. “Sono sgomento – afferma – anche per il caos nel quale è caduta tutta la Striscia: non c’è alcuna forma di controllo del territorio e a complicare enormemente tutto c’è anche l’arrivo sempre più problematico degli aiuti umanitari”. Il cardinale Pizzaballa non trova adeguato che ora i pacchi alimentari e i beni di prima necessità vengano lanciati a grappolo con dei paracadute: “Serve - fa notare - una soluzione più sistematica e coordinata, perché una scelta di questo tipo rischia di aumentare la confusione”. E forse anche la calca ed i morti.

La convinzione del Patriarca di Gerusalemme - condivisa con tutti i Patriarchi e i capi delle Chiese della Città santa, che il 1° marzo scorso avevano firmato l’ennesimo appello alla pace - è che la tregua a Gaza non sia una chimera, un sogno irraggiungibile. “Basta volerlo - afferma - gli elementi per attuarla ci sono. Da ambo le parti, è necessaria la volontà di arrivare a dei compromessi. Credo che i tempi siano maturi per provare ad avviare percorsi diversi”. Eppure, anche se permangono molte, dilanianti, incertezze, per il porporato una cosa non può essere messa in discussione: “Dopo questa crisi, una delle più gravi in assoluto degli ultimi 70 anni, né israeliani né palestinesi saranno più disposti a soluzioni temporanee. Questi eventi obbligheranno tutti a trovare soluzioni stabili”. Due popoli, due Stati? “Non lo so. Tecnicamente mi sembra difficile - osserva - anche se sarebbe l’unica via possibile. È chiaro che qualsiasi cosa si sceglierà di fare dovrà dare garanzia di stabilità e libertà ad entrambi i popoli”.

Dal racconto del patriarca di Gerusalemme emerge il ruolo di una Chiesa locale che “prega, che ha fiducia, che non si occupa solo delle proprie necessità ma riesce ad aiutare anche le popolazioni vicine”. E si comprende come, nel riserbo, stia tentando di “essere presente nei canali di comunicazione con il ruolo di facilitatore tra le parti coinvolte".