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Ricordiamo Erem. Fra AMBROGIO (VACCHETTA Domenico)

Qualifica religiosa: Frate Eremita
Data del decesso: 15 Dicembre 1978
Luogo del decesso: Noto (Siracusa)
Luogo di sepoltura: Noto (Siracusa)

Erem. Fra AMBROGIO (VACCHETTA Domenico), da San Benigno (Cuneo), morto a Noto (Siracusa) nel 1978, a 86 anni di età e 39 di Professione.


Da "Atti e Comunicazioni della Curia Generale", Gennaio - Marzo 1979

 Frate AMBROGIO   (Vacchetta Domenico)
 eremita della Divina Provvidenza, da San Benigno (Cuneo), morto a Noto (Siracusa) il 15 dicembre 1978, a 86 anni di età e 39 di professione. 

Nato a San Benigno di Cuneo il 9 agosto 1892, Domenico Giovanni Vacchetta venne in Congregazione in età già matura il 26 marzo 1937 Compiuta la vestizione come eremita il giorno dell'Immacolata del 1938 (e si conserva una bellissima lettera su di lui di Don Cremaschi a Don Orione), iniziò il suo anno di noviziato. Dopo la prima professione nel 1939 fu trattenuto ancora qualche mese a Bra e tutti ricordiamo il suo singolare esempio di serenità e umiltà e poi venne inviato all'Eremo di San Corrado a Noto. Emise la professione perpetua l'8 dicembre 1945 e a Noto condusse quasi ininterrottamente la sua silenziosa vita eremita. Pur amando molto la sua terra non ritornò più, dopo aver scelto l'eremo, malgrado le sollecitudini dei familiari che pur ricordava con tenerezza. Aveva fatto questa promessa al Signore (così ci confidava), il giorno della sua professione, e volle mantenersi fedele anche se gli dovette costare non poco sacrificio. Anima di grande fede, faceva della sua giornata e della fatica una continua preghiera, lieto di starsene in contatto quasi continuo con la natura contemplando la bontà del Signore nei frutti, nei fiori di cui è particolarmente ricca la Sicilia. Sotto una apparenza che a prima vista poteva sembrare rude, nascondeva un animo sensibilissimo, capace di attenzioni ed intuizioni delicatissime. Era soprattutto sempre pronto a capire e compatire: non gli sfuggivano i limiti e difetti altrui, ma sapeva, con rara saggezza, accettare anche i temperamenti più difficili, alimentando sempre con la sua presenza un clima di serenità e di pace. Felice di benedire Iddio e dii faticare, pareva non stancarsi mai, anche quando gli anni erano molti e la salute ormai tanto compromessa. Ricoverato più volte all'ospedale di Noto fu sempre motivo di edificazione per tutti — medici, infermieri, degenti con la sua inalterabile pazienza e l'incantevole pietà. Non chiedeva che poter tornare al più presto a San Corrado per riprendere la sua vita di preghiera e di lavoro, da autentico eremita orionino. Preziosa testimonianza di umiltà la sua, sempre lieto di essere all'ultimo posto, ansioso quasi di scomparire ognor più agli occhi degli uomini per stare più intimamente unito al suo Dio, di cui ricopiava con tanta diligenza i misteriosi esempi di annichilimento fra gli uomini. Il suo ricordo valga ad innamorarci tutti di queste sublimi virtù evangeliche e religiose, oggi alquanto dimenticate, e susciti nuove preziose vocazioni per il nostro ramo eremitico.

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