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Ricordiamo Sac. PATTARELLO Giovanni Valdastico

Qualifica religiosa: Sacerdote
Data del decesso: 15 Dicembre 1996
Luogo del decesso: Venezia
Luogo di sepoltura: Vetrego di Mirano (VE)

Sac. PATTARELLO Giovanni Valdastico, da Vetrego di Mirano (Venezia), morto a Venezia nel 1996, a 79 anni di età, 60 di Professione e 52 di Sacerdozio.


Da "Atti e Comunicazioni della Curia Generale", Settembre - Dicembre 1996

Sac. GIOVANNI VALDASTICO PATTARELLO
da Vetrego di Mirano (Venezia), passato al Signore in Venezia il 15 dicembre 1996, a 79 anni di età, 60 di professione religiosa e 52 di sacerdozio.

Aveva appena rivisto la sua terra, scendendo dall’aereo che da San Paolo in Brasile lo aveva riportato in patria, e salutato i parenti che lo attendevano lieti e commossi, quando è stato colpito da improvviso malessere: chiudeva così silenziosamente la vita, generosamente offerta al Signore e alla Piccola Opera. Nato il 2 gennaio 1917, da famiglia numerosa di agricoltori, fu provvi-denziale per la sua anima — lo confessava egli stesso — un anno trascorso come allievo meccanico al nostro “Berna” di Mestre, diretto allora da Don Attilio Piccardo: vi sentì la vocazione e venne accolto, il 2 agosto 1930, nel piccolo istituto di Campocroce, che proprio quell’anno cessava di essere orfanotrofio per trasformarsi in piccolo seminario dell’Opera. Qui iniziava il ginnasio (1930-32), completato poi a Montebello nel 1932-34, ricevendo nel frattempo il santo abito da Don Orione, nel Santuario di Tortona, il 28 agosto 1932. Nell’accompagnare con lettera lui e l’amico Antonio Lanza, il Parroco Don Raimondo Volpato ne lodava “i palesi segni di vocazione alla vita religiosa, la buona salute, la buona volontà e la buona intelligenza.”. Venne subito destinato al Collegio “San Giorgio” di Novi Ligure, dove, dal 1934 al 1938, seguì i corsi di Abilitazione Magistrale, intercalati dal noviziato, fatto a Villa Moffa sotto la guida del venerato maestro Don Giulio Cremaschi, professando la prima volta il 7 ottobre 1936, con altri 120, davanti a Don Sterpi. Gli ultimi due anni al San Giorgio lo videro addetto, oltre che ai suoi studi, all’assistenza dei giovani, buon tirocinio per il successivo passaggio (nel triennio 1938-41), all’insegnamento nelle elementari nell’Istituto San Filippo Neri di Roma; compì poi regolarmente il corso teologico al Boschetto di Genova-Rivarolo, a Rosano di Casalnoceto e a Tortona (1941-45), professando in perpetuo il 25 aprile 1943, ancora nelle mani del venerabile Don Sterpi. L’ordine del presbiterato gli veniva conferito da Mons. Melchiori, in Rosano, il 25 marzo 1944, dopo aver pronunciato il giuramento antimodernistico (17-9-1943) e quello per la difesa della povertà in Congregazione (30-10-1943). Firmandosi “Sacerdote della Madonna” è nuovamente assegnato al San Filippo in Roma; vi lavora dal 1945 al 1950 come insegnante, addetto al doposcuola, incaricato della Congregazione mariana, della lega missionaria studenti, dei giovani Amici di Don Orione, e richiesto in parrocchia o come predicatore di esercizi, oltre che studente egli stesso, avendo chiesto ai Superiori, nel settembre 1947, di poter iscriversi all’Università statale di Roma in vista di una laurea in pedagogia, poi di fatto conseguita il 3 luglio 1954, svolgendo la tesi: “Don Orione in rapporto alla pedagogia nuova.” Nel frattempo, nel 1950, egli viene destinato direttore dell’Istituto Don Orione in Avezzano, dove compie un sessennio ricco di iniziative, che richiamano su di lui, anche come predicatore e confessore in varie parrocchie, la stima e l’affetto di quella popolazione, oltre che degli orfani, fanciulli e giovani, che vi trovano una casa dove regna studio, serenità e tanta armonia. Gli tornano, tuttavia, nell’animo, in questi anni, i sentimenti che già, nel 1947, lo avevano indotto a rivolgere ai Superiori questa richiesta: “Dopo lunga meditazione e preghiera — scriveva da Roma al Direttore generale Don Pensa — vengo a esprimerle un mio ardente desiderio: partire missionario per l’Estremo Oriente, possibilmente in Giappone. L’idea mi si è affacciata prepotentemente fin dal primo anno di teologia, mentre non mi sento affatto portato per l’America, che dovrà essa stessa ormai mandare i suoi missionari alla conquista degli infedeli a Cristo...I miei genitori non ne sono convinti, tuttavia, io partirò lo stesso..., aspetterò di andare con il primo scaglione... Vorrà dirmi di no? Da duemila anni Gesù attende alla porta di quelle grandi nazioni: adesso i battenti si sono spalancati. E’ questa la più grande occasione offerta alle missioni cattoliche! Non si troverà la Piccola Opera in schieramento con le grandi Corporazioni religiose per guadagnare l’Oriente a Cristo?... Lo so: io potrò ben poco, spero almeno che il Signore mi renda degno di soffrire, proprio laggiù: essere come il chicco sotterrato in quei solchi, che solo dopo la morte — e forse il martirio! — germoglierà la vita.”. Merita si leggano queste righe del caro Confratello, anche se - come era ovvio - egli si rimise all’obbedienza e, su quella, camminò negli anni successivi! Il 20 novembre 1955 Don Pattarello gode così, in parte, il suo sogno missionario, sulla nave che il 2 dicembre, lo porta in Brasile, dove, in questi quarant’anni, ha pregato, faticato, realizzato quanto la Provvidenza, attraverso i dettami dei Superiori, gli ha copiosamente consentito di realizzare. Con sede in Rio de Janeiro, ricoprì subito l’incarico di Direttore provinciale (1955-64);. fu direttore poi, in San Paulo, della Casa “N.S. Aquiropita” (1964-70), con avvio dell’Orionópolis in Cotia; nuovamente Direttore provinciale in San Paulo (1970-76), direttore e Parroco in Araguaina (1976-78), direttore ed economo in Cotia (S. Paulo) dove fece rifulgere quell’ammirato Piccolo Cottolengo (1978-85). Eletto primo Direttore provinciale del Brasile Nord in Brasilia (1985-88), fu poi qui direttore (1988-91), e dal 1992 direttore della sede provincializia in San Paulo: era stato anche membro dei Capitoli generali nel 1963, 1969, 1975. “Non è valido, con Don Orione - diceva scherzosamente - l’impara l’arte e mettila da parte: con Don Orione, il mestiere che s’impara, bisogna esercitarlo!...” E’ quanto ha fatto operosissimamente Don Pattarello in Brasile, dove ha lasciato un’orma di fatiche, d’insegnamenti, di esempi, che rimarranno nel cuore dei confratelli e di quanti lo hanno avvicinato. Buon parlatore, suggestivo negli approcci con la gente, entusiasta formatore di coscienze e cacciatore di vocazioni, positivo, riserbato, serio, pur nella gioiosa donazione di se stesso e nel fraterno aiuto a quanti ne lo richiedevano; scrittore fecondo, fornito di un personalissimo stile, tutto fervore e immaginifico, lascia preziose pubblicazioni sul metodo pedagogico del Padre fondatore e memoriali di vita di Congregazione. Uno spirito eletto, il suo, per dedizione a Dio, alla Chiesa, alla Congregazione. In lettera del 17 ottobre 1976, scriveva lepidamente al “suo” Don Lanza, amico d’infanzia: “Poi...ci ritireremo a Campocroce, per finire dove abbiamo cominciato. Oh, quei due futuri vecchietti! O ce ne ritorniamo al Padre prima? Fiat!” Così ha voluto il Signore per lui, che ora prega per noi! 

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