Data del decesso: 13 Dicembre 1995
Luogo del decesso: Milano
Luogo di sepoltura:
Sac. MARIO MANFRIN, da Roverchiara (Verona), morto a Milano nel 1995, a 74 anni di età, 54 di Professione e 44 di Sacerdozio. Apparteneva alla Provincia religiosa di San Marziano (Tortona).
Da "Atti e Comunicazioni della Curia Generalizia", Settembre - Dicembre 1995
Sac. MARIO MANFRIN
Passato al Signore in Milano il 13 dicembre 1995, a 74 anni di età, 54 di Professione e 44 di Sacerdozio. Apparteneva alla Provincia religiosa di San Marziano (Tortona).
Originario di Roverchiara (Verona), vi nacque il 30 agosto 1921, - sesto di undici fratelli - da famiglia profondamente cristiana ma molto povera, al punto da non potergli far proseguire gli studi ginnasiali già avviati nella sezione vescovile di Legnano (Verona). Per interessamento del suo parroco, che casualmente venne a conoscenza della famosa lettera riguardante la “questua delle vocazioni”, mandata in quegli anni, da Don Orione ai parroci d’Italia, e che vedeva nel giovane Mario buone speranze di vocazione sacerdotale e religiosa, venne accolto nell’Opera in Tortona San Bernardino il 7 settembre 1938, portando poi a termine le classi terza e quarta ginnasio nelle case di Milano e Montebello (1938-40). Ricevuto l’abito religioso la vigilia della festa della Madonna della Guardia del 1939 a Tortona, passò l’anno successivo a compiere il noviziato a Villa Moffa, sotto la guida di Don Cremaschi, emettendo la prima Professione nelle mani del venerabile Don Sterpi, primo successore di Don Orione, nell’Assunta del 1941, e restando poi all’Istituto San Tommaso per la quinta ginnasio e la prima liceo filosofia (1941-43). Espletato il tirocinio di regola, in periodo di guerra a Cuneo, assistendo ed educando gli orfanelli dell’Istituto S. Antonio (1943-45), tornò nuovamente a Villa Moffa per completare il liceo e la filosofia, indi passò a Tortona per il Corso di Teologia, durante il quale emise la sua consacrazione perpetua al Signore l’11 ottobre 1948, allora festa della “Mater Dei”. Dopo i vari ministeri e ordini minori, ricevette il Presbiterato nella solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo del 1951, dal Vescovo di Tortona Mons. Melchiori, nel Santuario della Guardia. Iniziò il suo apostolato sacerdotale nel probandato di Campocroce (Venezia), in qualità di assistente e vocazionista (1951-53), passando i successivi tre anni come assistente e insegnante di religione nel Collegio San Giorgio di Novi Ligure (Alessandria). Nel 1956 lo troviamo nell’Istituto di Vigevano, prima come assistente (1958-64), poi come consigliere e incaricato della Tipografia (1964-78); passa poi a dirigere, presso la Casa madre di Tortona, la Tipografia “S. Giuseppe” con annessa scuola professionale e libreria, rimanendovi fino al 1978. Ritornato nuovamente a Vigevano come Direttore della comunità, s’interessò del buon andamento delle varie attività scolastiche e parrocchiali fino al 1984, quando venne nuovamente destinato alla responsabilità della Tipografia “S. Giuseppe” per un triennio (1984-87). Passati due anni quale vicario al Piccolo Cottolengo di Seregno (Milano), fece ritorno a Vigevano come direttore prima, vicario ed economo poi, fino alla definitiva cessione delle nostre attività nella diocesi di Vigevano, nel 1993. Data anche la malferma salute, che da molto tempo lo accompagnava, accettò di dirigere la casa di Sordevolo (Vercelli), colonia estiva del Piccolo Cottolengo di Milano, mentre, nel periodo invernale, si trasformava in casa di riposo per gli anziani e bisognosi locali, contenti di trovarvi il tepore dell’amicizia e della compagnia. Negli ultimi mesi di quest’anno, per l’aggravarsi delle sue condizioni e per migliore assistenza sanitaria, venne inviato nella comunità di Milano, dove, cosciente e sereno, si preparava, in preghiera e raccoglimento alla definitiva chiamata del Signore che la liturgia dell’Avvento gli ricordava. Di carattere alquanto timido, e per la salute che lo costrinse a riguardarsi, seppe, anche con sacrificio, assolvere vari impegni e doveri religiosi e di obbedienza, confortato dalla liturgia e dalla Parola di Dio. Si sentì sempre fortemente “orionino” pieno di riconoscenza verso la Congregazione che amava come “famiglia”. Offrì le sue sofferenze per la Chiesa, per il Papa e per i più desiderati sviluppi della Piccola Opera.