
«Se Don Orione vivesse tuttora – viene spontaneo pensarlo - si unirebbe con singolare fervore a queste celebrazioni, perché fu uno dei più convinti estimatori delle virtù personali del grande Scrittore lombardo, dei più entusiasti assertori dei valori civili, morali, religiosi contenuti nei Promessi Sposi e, unitamente, in tutta la sua produzione letteraria».
Con queste parole veniva introdotto nel 1973 il n. 18 di Messaggi di Orione, pubblicato in occasione del centenario della morte del Manzoni.
Nel libretto, oltre alla nota conferenza del 22 gennaio 1939 “Là c’è la Provvidenza” tenuta da Don Orione presso l’Università Cattolica di Milano e scritta con l’aiuto di Don Domenico Sparpaglione, manzoniano di chiara fama, vi si narra come il Fondatore facesse continui riferimenti e richiami al Manzoni anche nei momenti e argomenti più impensati. Si legge, infatti, nella pubblicazione:
«Se Dante è poeta della fede, il Manzoni è poeta della carità. Per questo essi erano poeti “suoi”, sia perché più che altri rivestirono del verso è della squisita forma linguistica e concettuale le verità della fede, le sublimi speranze dell'anima cristiana, sia perché nelle loro pagine è sostanza di pensiero dogmatico con esclusione di tenerume pietistico. Piaceva a Don Orione l'armoniosa compattezza manzoniana tra l'arte e la vita, l'uomo e il cristiano. In quelle pagine egli ritrovava sé stesso con il proprio ideale di carità, di umanità, di amore ai semplici, ai poveri e soprattutto, con il fiducioso abbandono alla Divina Provvidenza. Aveva in sé, nell’indole e nello sguardo, nella figura, qualche cosa del Padre Cristoforo. Anche lui con due diavoli d'occhi, anche lui impulsivo, forte di carattere, apocalittico negli sdegni, arrendevole e mite alle preghiere, generoso nel perdono, pronto a tutto soffrire per la carità, e per la carità pronto a morire. Specialmente lo zelo e la generosa passione per le anime lo portavano ad incontrare Fra Cristoforo in sé stesso. Qualche volta si servì dei Promessi Sposi per la meditazione. Negli anni della grande guerra – in cui s'era dato alla buona stampa, divulgando settimanalmente in Tortona, dalla chiesa di San Rocco, dove celebrava nei giorni di festa, dei foglietti volanti con la spiegazione del Vangelo -, sul suo scrittoio figuravano immancabilmente Promessi Sposi che gli fornivano continue citazioni».
Ripresosi dopo il pericoloso attacco cardiaco del 9 febbraio 1940, Don Orione si confidava coi suoi in una buona sera: «In questi giorni io pensavo, facevo un po' di filosofia della storia dei passati giorni. E, un poco manzoniano, sono andato all'ultimo capitolo dei Promessi Sposi - che è un gran libro, vedete, è una grande filosofia cristiana! -; e là il Manzoni è andato a far cercare da Renzo e dalla sua buona moglie Lucia la ragione come mai fossero capitate loro quelle vicende più dolorose che liete. E così Manzoni cavò il succo del romanzo, nel modo più alto e degno, che voi conoscete (capo 38) ... Io pensavo in questi giorni a cavare il frutto di quello che è capitato a me e alla Casa, vedendo in tutto la mano, la voce di Dio: Dominus est! ... Iddio parla con la vita e con la morte, con la gioia e col dolore ...».
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