
DON ORIONE HA GIÀ VISSUTO IL NOSTRO FUTURO!
Carissimi Confratelli,
Alla conclusione del mese di marzo, in cui abbiamo celebrato il dies natalis di San Luigi Orione e la Solennità di San Giuseppe, entrambi “uomini dei sogni”, chiediamo al Signore “la grazia di saper sognare cercando sempre la volontà di Dio nei sogni!” (Papa Francesco).
Vi scrivo il 31 marzo per rilevare che mancano solo due mesi per l’inizio del Capitolo. Si avvicina, pertanto, il momento in cui “i legittimi rappresentanti della Congregazione” si raduneranno per sognare che essa “si mantenga fedele al Vangelo, allo spirito del Fondatore e perché, docile allo Spirito Santo, risponda ai bisogni dei tempi e dei luoghi” (Cost. 138).
Il Capitolo, di fatto, è il luogo privilegiato dei “sogni”, ma non è il luogo dei “sognatori”, secondo una sottile distinzione che ha fatto Papa Francesco in una omelia su San Giuseppe: era “l’uomo dei sogni, ma non era un sognatore, non era un fantasioso”. “La differenza è sostanziale – continua il Papa – un sognatore è quello che sta sull’aria e non ha i piedi sulla terra.” Giuseppe, invece, “aveva i piedi sulla terra… era aperto, lasciò che la parola di Dio si avverasse lì, in sogno, nella sua libertà, nel suo cuore aperto. Capì e portò avanti quel sogno. Senza fantasia: il sogno reale, perché lui non era sognatore: era uomo concreto.” (cfr. Papa Francesco, Meditazioni Quotidiane, 18/12/2018).
Per affermare lo stesso di Don Orione - “uomo dei sogni”, ma non “sognatore” – basterebbe accennare al sogno della Madonna del Manto Azzurro che “proiettò nello spirito del nostro Padre Fondatore una sicurezza limpidissima per quanto riguardava il successivo svolgersi della sua attività a salvezza della gioventù, appena iniziata con l’Oratorio Festivo” (Cfr. DOPO I, 768).
Vi ricorderete, carissimi confratelli, che il dinamismo del sogno era molto presente nella metodologia di preparazione del Capitolo e lo sarà anche durante la sua realizzazione. Ad una prima tappa, compendiata nel verbo SCOPRIRE, seguiva la tappa del SOGNARE, prima della terza, il PROPORRE delle linee concrete di azione per la missione della carità.
La tappa metodologica del SOGNARE era così motivata nel Quaderno Personale: “Il discernimento precedente (SCOPRIRE) ti ha ispirato a desiderare traguardi nuovi. Lo Spirito Santo che agisce in noi ti spinge in alto per superare i tuoi limiti umani e per lanciarti negli orizzonti divini. Ora, devi individuare i punti di riferimento per continuare l’itinerario. C’è la Parola di Dio, l’esempio e le parole del Fondatore e di tanti confratelli eroici, gli insegnamenti della Chiesa e del magistero di Papa Francesco. Questi ti fanno sognare. Ci sarebbe però il pericolo che il sogno resti qualcosa di astratto e teorico. Allora, devi trasformarlo in un racconto concreto, e per fare questo, puoi servirti di qualche episodio della Bibbia e della vita di Don Orione. È il momento narrativo.”
Nell’avvicinarsi del nostro appuntamento a Montebello della Battaglia, è ora di riflettere sulla nostra missione in quella sede e di accogliere le seguenti parole di Papa Francesco (cfr. Ritorniamo a sognare, p. 11). Sono parole scritte in un contesto diverso da quello capitolare, ma che ci servono, eccome! Per noi, il Capitolo “È il momento di sognare in grande, di ripensare le nostre priorità – ciò che stimiamo, ciò che vogliamo, ciò che cerchiamo – e di impegnarci nelle piccole cose, di agire secondo ciò che abbiamo sognato. Ciò che io avverto in questo momento assomiglia a quel che Isaia sentì dire a Dio dentro di sé: «Vieni e discutiamone. Mettiamoci a sognare».” O per dire con Don Orione: Vieni e “Gettiamoci nel fuoco dei tempi nuovi!”.
La Vita Religiosa ha bisogno di crescere nella “Visione”
Durante la Precapitolare, nell’esaminare i contributi dei Capitoli provinciali e delle Assemblee, è stata rilevata la necessità di porre maggiore attenzione e approfondire meglio il passo metodologico del “Sognare”. Questo sarà probabilmente un impegno del Capitolo.
Incontrando, posteriormente, Don Rino Cozza, religioso dei Giuseppini di Murialdo, noto scrittore italiano sulla Vita Religiosa, insieme a Don Oreste Ferrari, abbiamo dialogato sui diversi passi del metodo, in vista di una sua presenza nel nostro Capitolo. Ci ha sorpreso la sua parola in riferimento giustamente alla questione del “sognare” come un’attuale carenza della vita religiosa. Alla fine, ci ha voluto offrire un suo scritto, in fase di elaborazione, proprio circa il tema: “La vita religiosa ha bisogno di crescere nella ‘visione’.” Ne riporto alcuni stralci.
“Nella Bibbia, - scrive Don Rino Cozza - alla parola «visione» si accompagna spesso la parola «sogno». È questa una categoria molto cara a papa Francesco, che nell’enciclica Evangelii Gaudium dice: «io sogno una Chiesa …» e poi continua con il descrivere una «visione», che sia in grado di orientare a una forma di «vita-insieme» che oggi non è data da ciò che si fa congiuntamente, ma dal condividere una «visione» con coloro che nel sostantivo «sogno» non intravvedono i contorni irrealistici dell’illusione, ma desiderio, attesa, spinta a qualcosa di evangelicamente nuovo che si spera succeda.”
“Per poterne ri-orientare il processo di sviluppo, - continua l’autore - la vita religiosa ha ora bisogno di più pensiero e di nuove «visioni», senza le quali va a perdere ogni tensione progettuale. La conseguenza è di afflosciarsi nella palude delle scelte di piccolo cabotaggio [navigazione in acque poco profonde], per finire con il non essere più in grado di aprire varchi alla luce di visioni inedite, capaci di coltivarne il desiderio. Vale a dire che per ogni modello arcaico arriva il tempo d’essere sentito come artificiale, ossia che ogni obiettivo ha significatività se accetta da subito di essere perennemente evolutivo.”
E ancora: “È tempo di ripensare una Vita Religiosa che per poter essere un appello per tutti e per ciascuno ad andare incontro ai fratelli in umanità, abbia lo sguardo e i sentimenti di Cristo stesso. Ma per tal fine ha bisogno di passare dal che cosa serve a sé, chiusa in sistemi di vita clerico-conventuali, al che cosa apporta alla vita dei cristiani. Perciò non le è opportuno coltivare una spiritualità senza vera immersione nel territorio, essendo i religiosi per vocazione persone inviate per una presenza che non mira all’identificazione con un «servizio» o con una istituzione, ma alla scelta di voler essere tra la gente promotori di relazioni comunionali. Il suo impegno è allora quello di dare al Vangelo, nella sua essenzialità, la pienezza di credibilità attraverso parabole di vita vissute in comunità in cui le persone tornino a contare di più dei principi astratti.”
In conclusione…
All’interno della nostra dinamica di lavoro capitolare, la dimensione del sogno, della visione, ha un valore strategico. Il rischio sarebbe di prenderla come una parte da completare senza comprenderne la valenza apostolico-carismatica. Se non saremo in grado di sognare nel modo giusto e coraggioso, come ci suggeriva Don Rino, rischieremo di fare scelte giuste, dal punto di vista della logica, ma carenti di quello spirito carismatico che spinse Don Orione a osare di più, andare al di là dei tempi, tentare qualcosa di nuovo, pur di ottenere quell’ideale alto che la sua santità gli indicava come meta unica della sua vita. Ricordiamo il Fondatore: “I tempi corrono velocemente e sono alquanto cambiati, e noi, in tutto che non tocca la dottrina, la vita cristiana e della Chiesa, dobbiamo andare e camminare alla testa dei tempi e dei popoli, e non alla coda, e non farci trascinare!” (Lett I, 251).
Giorni fa, nel percorso liturgico della Quaresima, abbiamo ascoltato il brano biblico di Giuseppe - anche lui, l’uomo dei sogni - e dei suoi fratelli che, per invidia, lo buttano in una cisterna (Gen 37, 8: “Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole”). E noi? Dovremo buttare i nostri sogni, i nostri desideri, i traguardi alti in una cisterna? Quale posto diamo ai fratelli che sognano? In questo nostro tempo, dovrebbe essere legittimo sognare, non per sfuggire alla realtà, ma per risvegliare la creatività e l’audacia. Questo ci dà la possibilità di mettere in atto un’ermeneutica orionina, pratica e carismatica “da figli” (Cfr. F. Peloso, Ermeneutica Orionina per conoscere Don Orione “Da Figli”; Messaggi n. 130)
Rimane attuale e significativo, in particolare perché scritto il 31 maggio 1986, in preparazione al IX Capitolo Generale, il seguente appello di Don Ignazio Terzi: “Mi pare quindi di raccomandare a tutti, ma specialmente ai Padri Capitolari una «mens carismatica», cioè una coscienza profonda della loro provvidenziale missione in questo momento storico della nostra vita di Congregazione”. “Guardiamo alla nostra vocazione di garanti di una fedeltà rigorosa a un carisma prezioso ma fragile, portatore di una carica di genuina novità nella vita spirituale della Chiesa, escogitando anche nuove ingegnose esperienze ecclesiali nella docilità allo Spirito Santo per sua natura creatore. Sentiamoci anzitutto integralmente orionini.” Ho sottolineato il verbo “escogitare”, cioè, trovare con la mente, riflettendo o immaginando. Appunto, Sognando!
Quando diciamo che il nostro ideale e il nostro sogno è “Essere Don Orione, oggi”, è sognare i suoi sogni; non stiamo professando un ritorno al passato, ma invocando il suo spirito per lanciarci nel futuro. Non vogliamo rimanere ad analizzare i fatti in sé, ma il paradigma della carità attraverso il quale ha saputo interpretare tali fatti e darvi delle risposte. È il paradigma che noi vogliamo perché permetta anche a noi di vivere la fedeltà al carisma con creatività. Per questo noi possiamo dire che “Don Orione ha già vissuto il nostro futuro”.
Mancano due mesi al Capitolo. Vi invito a riformularvi le domande già affrontate nel percorso precapitolare:
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A quali sogni Dio vorrebbe vederti partecipare?
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Don Orione, cosa avrebbe sognato di veder realizzato da noi?
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Quali percorsi e iniziativi vuoi proporre perché la Congregazione abbracci nuovi stili, forme e frontiere della profezia della carità?
Fatene oggetto di riflessione e di discussione con qualche confratello – magari come gruppo dei delegati della Provincia - perché, durante il Capitolo, voi possiate sfruttare al meglio questo importante momento del nostro metodo di lavoro. Se volete, potete anche anticipare un vostro pensiero con una mail.
La Santissima Vergine ci illumini e ci accompagni in questo percorso che ci metterà sotto i Suoi piedi nel Santuario della Guardia di Tortona, il 31 maggio prossimo. In quel momento festivo, intoneremo: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio!”.
In unione di preghiere, specialmente per la pace nel mondo,
P. Tarcisio Vieira
Direttore generale
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