
“Urge partire!”
Carissimi
Confratelli e membri della Famiglia Orionina,
Inizio a scrivere questa lettera nel Benin, precisamente a Malanville, la culla della nostra presenza in questa nazione africana. Sono al termine dell’itinerario che, insieme a P. Assamouan Pierre Kouassi, Consigliere Generale incaricato delle Missioni, e P. Jean-Baptiste Dzankani, mi ha fatto percorre le nuove realtà missionarie della Congregazione in Africa e toccare con mano le prospettive di sviluppo per il carisma orionino.
Il Signore è stato molto buono con noi! Non solo ha benedetto il viaggio, ma l’ha trasformato in un “santo viaggio”, in quanto il nostro percorso nel Benin ha accompagnato il ritmo della liturgia della Settimana Santa. E potete immaginare con quanto entusiasmo e gioia abbiamo celebrato, con i nostri Confratelli, la Domenica delle Palme ad Akpassi (al centro della nazione) e la Domenica di Pasqua a Malanville (al nord).
Non riuscirò a descrivere l’intensità della partecipazione della gente nei canti e nei balli, nel ritmo forte dei tamburi. Il movimento del corpo, in una cadenza naturale, e il battito delle mani, in un ritmo spontaneo e originale, irrompono come se fossero il risultato di una coreografia ben provata. Ma no! Nessuna prova coreografica, nessuna norma rigida; solo quella di dare naturalmente voce al corpo e lasciarsi condurre dal compasso delle melodie e dalla voglia di lodare il Signore. Composto liturgicamente in un modo armonioso, senza protagonisti stonati, il suono dei canti e dei testi liturgici, in primis il Preconio Pasquale, viene accolto dall’udito, tocca le corde del cuore, provoca sussulti di gioia, fa lacrimare lo sguardo e sentire la presenza del Mistero. Liturgia umana? No, Divina! Itinerario verso il Cielo. Nella gioia dei poveri, la certezza: Cristo è veramente Risorto, Alleluia!
Celebrando la Pasqua in questo contesto genuinamente missionario, mi è venuto spontaneo ricordare l’esperienza che ha fatto Don Orione in Argentina, particolarmente per l’apertura della missione nel Chaco. A dire il vero, la motivazione iniziale per tale approssimazione è stata per degli aspetti secondari. Di fatto, si possono descrivere alcuni aspetti della missione nel nord del Benin con le parole che Don Orione ha utilizzato per parlarci della missione nel Chaco, iniziata nel 1937: vi è la grande industria del cotone (Scr. 25,197); dove fa un caldo da morire (Scr. 37,248) e la temperatura bene spesso è a 40 gr. e anche più; anche di notte fa assai caldo (Scr. 47,223); un luogo dove nessuno voleva andare (Scr. 37,248). Qualche differenza, però, Don Orione l’avrebbe notata nel verificare l’impressionante quantità di moschee invece delle sale evangeliche, chiesa evangelica e sinagoga. Poi, il discorso comparativo diventa più profondo: terra di vera missione (Scr. 19,188); là dovrai fare tutto (Scr. 25,198); Qui, ce n’è tanto bisogno! Io ho accettato (…) perché il Santo Padre disse: non fermatevi all’orlo, dove le città sono come Milano, ma andate nell’interiore, dove pochi o nessuno vuole andare. (…) è una posizione dove non c’è nulla da godere, c’è tutto da soffrire, e c’è da fare la vita del vero missionario. [Ci sono i mussulmani], perché non ci saremo noi? E perché non ci sarà chi pensa all’anima dei poveri? (Scr. 47,224).
Là ti aspetta il Signore
I testi liturgici dell’Ottava di Pasqua mettono in evidenza che la “Galilea”, quella delle genti, il distretto dei pagani, è il luogo dell’incontro con il Signore Risorto: “Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno.” (Mt 28,10). Non si tratta, come ben sappiamo, solo di un riferimento geografico, indica anche un luogo teologico, il luogo della manifestazione del Signore Risorto. Là, in mezzo al “popolo che era nelle tenebre”, nelle difficoltà, nella vita di tutti i giorni, il Signore precede i suoi discepoli.
Don Orione ha ben presente questo dinamismo pasquale quando, nell’inviare nel febbraio 1937, il primo missionario al Chaco, Don Enrico Contardi, “sacerdote lombardo, di 50 anni, che fu sempre un angelo, cresciuto da ragazzo dalla Divina Provvidenza” (Scr. 50,25), lo fa con queste parole: “Là ti mando nel Nome di Dio, e là ti aspetta il Signore!” (Scr. 25,197).
Avremo modo, più avanti, di riflettere sul significato di queste parole, di profonda sensibilità spirituale e di altissima teologia della missione, nonché della vita consacrata. Per adesso, riprendiamo il testo della lettera di invio che Don Orione destina a Don Contardi il 6 febbraio 1937 (Scr. 25,197s). In essa, per ben tre volte, insiste sull’urgenza della partenza del missionario, in questo modo:
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Urge partire! - Passerai un giorno ad Itati; Vai prima a prendere la benedizione della SS. Vergine di Itati.
Don Orione fa – e insegna a fare - ogni cosa alla luce di Maria. Di fatto, la partenza è urgente, ma non si può intraprendere il cammino senza la benedizione della Madre e Celeste Fondatrice: “Tutto per mezzo di Maria!”.
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Urge partire! - Ti lascerò il mio stesso Crocifisso e il Vangelo.
Un gesto fortissimo, profondamente simbolico. “Crocifisso” e “Vangelo” sono i simboli che renderanno visibile la comunione, l’unità di spirito e di intenti con il Fondatore. Don Orione che ha tanto voluto rimanere missionario nel Chaco, in quel momento diventa, anche lui, missionario “presente” simbolicamente nelle azioni future di Don Contardi. È un’immagine carica di emozione. Sono i segni del “carisma”, quella preziosa “esperienza dello Spirito, trasmessa dal Fondatore ai propri discepoli, per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata” (cfr. Mutuae Relationes, 11). Biblicamente, penso di non esagerare nel dire che è un fatto paragonabile al momento in cui il profeta Eliseo riceve il mantello di Elia (cfr. 1Re 19,19). Il neo-profeta è riconosciuto come continuatore della missione di Elia dal possesso del suo mantello e, per questo, riuscirà a compiere le stesse azioni del profeta. Anche così per Don Contardi che vede confermata, nel possesso dei segni, la sua appartenenza al cuore di Don Orione. Verrà riconosciuto “Orionino” nell’annunciare la passione del Signore e il Vangelo secondo il “mio” spirito. In sintesi, quest’immagine è il segno esterno, profetico e simbolico, della trasmissione carismatica.
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Urge partire! - Al tuo posto [precedente] andrà p. Dutto…
Il missionario prende coscienza di non essere “insostituibile”; è solo una “parte”, pur importante, di un progetto molto più grande di lui. Deve entrare nei dinamismi propri della vita consacrata dei trasferimenti, delle sostituzioni, delle relazioni.
“Urge partire!”: i recenti movimenti missionari nella Congregazione
Il comando di Don Orione a Don Contardi risuona ancora ed è stato sempre fonte di ispirazione per la Congregazione. Recenti sviluppi missionari lo confermano.
a) Benin: la prima apertura a Malanville
Nel 2017 è stato inserito nella geografia orionina il Benin, come parte della Provincia Notre Dame d’Afrique, in aggiunta a Costa d’Avorio, Togo e Burkina Faso. Ma una prima iniziativa per l’apertura in questa nazione è datata nel 1984, quando nella missione africana si discuteva sull’organizzazione dell’iter formativo dei futuri aspiranti e si prospettava la possibilità di inviare gli studenti di teologia al “Grand Séminaire di Ouidah”, nel Benin. In quella occasione, l’Arcivescovo di Cotonou aveva anche offerto un’area pastorale alla Congregazione, ma i superiori hanno ritenuto più opportuno inviare gli studenti ad Anyama (Costa d’Avorio).
Negli anni, il Benin è rimasto un sogno, una riga sempre presente nelle diverse programmazioni di sviluppo della nostra missione in Africa, soprattutto per la sua posizione strategica, accanto al Togo e confinante anche con il Burkina Faso. Offriva la possibilità di una crescita logica e geograficamente progressiva. Tuttavia, è stato proprio il fattore geografico che spingeva i confratelli a cercare con più impegno, invece, una nuova apertura nel Ghana. Probabilmente attratti dall’idea di riempire un “vuoto geografico orionino” intorno alla triade Costa d’Avorio, Burkina Faso e Togo.
La Provvidenza Divina ci ha sorpreso operando diversamente e preparandoci un posto nel Benin. L’iniziativa è stata presa dal Vescovo Mons. Clet Feliho che, nel mese di dicembre 2016, scrive al Provinciale, P. Basile Aka: “La Provvidenza ha voluto che condividessi le mie preoccupazioni pastorali con un sacerdote che mi ha fatto sapere che il vostro Istituto – che conosco bene e che ho frequentato nel passato – pensa di voler stabilirsi in Benin. Ho voluto cogliere subito l’occasione per fare la richiesta di aprire una comunità nella mia diocesi.”
Il Vescovo è molto chiaro e non alimenta illusioni: trattasi della diocesi di Kandi, “situata nel profondo nord del Benin, è la più grande, dove le condizioni di vita e di lavoro non sono delle migliori. Questa diocesi, al confine in particolare con Niger, Burkina Faso e Nigeria, sta vivendo l’afflusso molto esacerbato dell’Islam e delle religioni tradizionali. Questo fenomeno, ancor più accentuato dalla miriade di sette, limita in qualche modo il progresso dell'evangelizzazione, la cui opera è iniziata e portata avanti da un numero esiguo di agenti pastorali. Date le realtà climatiche, piuttosto precarie e dure, pochissime persone decidono davvero di servire in questa diocesi.”
Le trattative per l’apertura di una comunità nella diocesi sono andate avanti e ci hanno portato alla città di Malanville, al confine con il Niger (la nostra casa è a 1km circa dalla frontiera). La città conta più di 120.000 abitanti (stima 2006), prevalentemente musulmani (circa 90%) ed è conosciuta come centro di scambi commerciali. In questo contesto operano i nostri confratelli: P. Kokou Assoume Benjamin DAKOU, P. Claude Michel GOUA, P. Yendouyale (Adam) NABISSIEKOU, insieme all’aspirante Desire EHOUMAN.
Passando alcuni giorni a Malanville, ho capito meglio la profondità e le sfide che le parole del Vescovo, nel ringraziare l’apertura della Comunità, hanno solo accennato: “È una grande gioia per me apprendere che la vostra Congregazione ha accettato di aprire una comunità in una diocesi di prima evangelizzazione, in un ambiente fortemente islamizzato e povero. Neanche il clima è così favorevole. Tuttavia, avete accettato di venire e di stabilirvi per la vostra fede e per l’amore a Gesù Cristo, per il quale nulla è impossibile e che ci chiede, attraverso Papa Francesco, di andare verso le periferie.”
b) Benin: la seconda comunità ad Akpassi
Pensare allo sviluppo della nostra presenza nel Benin, dopo l’apertura a Malanville, è diventato un progetto strategico di governo, per promuovere il consolidamento del carisma in questa nuova nazione e per non lasciare staccata e isolata un’unica comunità nel nord.
Di nuovo, la Provvidenza è entrata in azione con la stessa strategia, mettendo un altro Vescovo del Benin in contatto con la Congregazione. Di fatto, nel mese di dicembre 2019, dopo un incontro provvidenziale con P. Jean-Baptiste Dzankani, mi ha scritto Mons. François-Xavier Gnonhossou, Vescovo di Dassa-Zoumé, invitandoci ad una apertura nella sua diocesi, più centrale nella geografia del Benin e molto vasta, la seconda dopo Kandi. Mi ha informato anche sul suo desiderio di accogliere la Congregazione per occasione della celebrazione del primo centenario di evangelizzazione del territorio e del 25° di erezione giuridica della diocesi.
I contatti si sono approfonditi durante il 2020, con qualche difficoltà a causa della pandemia, ma siamo arrivati alla decisione di accettare, inizialmente, una missione esplorativa nel villaggio di Akpassi, distante circa 100km dalla sede della diocesi e che conta circa 15.000 abitanti, composti da diverse etnie: Itchas, Yoruba, Ifès e Peuls. Nel mese di ottobre 2020 la Provincia ha inviato due confratelli – P. Kokou Fo Edem (Paul) ASSIDENOU e P. Anthime Kiswendsida KABORE - per conoscere meglio la realtà pastorale e educativa del villaggio. Ora, dopo la visita canonica e il dialogo con il Vescovo, siamo pronti ad accettare definitivamente la responsabilità pastorale sulla Parrocchia “St. Michel” d’Akpassi, con tre cappelle: Banon, Kouradjato e Tchambala; la cui lingua liturgica è lo Yoruba. Inoltre, avremo la responsabilità sul Complesso Scolastico “Saint Michel” d’Akpassi che, dalla scuola materna al liceo, conta un totale di 492 alunni. Di questi, una piccola parte sono interni che vivono nella struttura.
È un gesto di grande fiducia del Vescovo, Mons. François-Xavier, religioso SMA (Società delle Missioni Africane), che generosamente dona alla Congregazione la possibilità di avere una parrocchia e un complesso scolastico che, ben amministrato può ancora crescere ed essere un campo di apostolato carismatico per la Provincia.
Nel giustificare la sua decisione, il Vescovo non ci ha parlato della mancanza di sacerdoti in diocesi (il sud del Benin ha tradizionalmente più vocazioni e i cattolici sono in un numero più grande del nord); non ci ha nemmeno accennato a gravi problemi amministrativi nel complesso scolastico (abbiamo avuto l’impressione che una accurata amministrazione e un buon impegno pedagogico può alzare il suo livello); ma ci ha detto che ha chiamato la Congregazione (la prima, da quando è stata eretta la diocesi 25 anni fa) per il bisogno che la diocesi ha della testimonianza di vita di comunione fraterna e di semplicità (povertà di vita). Sente il suo clero molto chiuso e vuole la presenza dei religiosi per la testimonianza e per provocare un’apertura verso valori alti della vita sacerdotale ed ecclesiali.
Siamo partiti dall’incontro con il Vescovo e, poi, da Akpassi, con la sensazione di aver ricevuto una missione di grande responsabilità. Sicuramente anche una grande opportunità per la Provincia “Notre Dame d’Afrique”! Un bel dono della Divina Provvidenza!
c) Benin: un terreno nella capitale
Quando eravamo ancora solo a Malanville, da parte del Consiglio generale è partita l’idea di comprare un terreno nella periferia della capitale economica, a Cotonou, in vista di progetti di investimenti nel futuro. Un primo tentativo (ad Allada) non è andato a buon fine a causa della mancanza di documentazione regolare (50 eredi!).
Diversa è stata l’iniziativa di compra di un terreno nella diocesi di Porto Novo, la capitale ufficiale del Benin, grazie agli aiuti del giovane parroco della Parrocchia “Notre Dame de la Route” che ci ha fatto conoscere uno spazio accanto a quello riservato ad una cappella della parrocchia (terreno di 2.700m2, ora già recintato, lungo la strada che va verso la Nigeria; la frontiera si trova a 7 km e la spiaggia dell’oceano Atlantico a 1 km).
La posizione del terreno (accanto ad una futura cappella), la sua grandezza (oltre alla costruzione di una residenza per i religiosi, può ricevere anche qualche piccola attività caritativa) e la grande gentilezza del parroco che si è dimostrato disponibile (direi, desideroso) alla nostra presenza, dimostrano che la spesa fatta è veramente un investimento per il futuro. Ci sostiene nella speranza anche l’incontro con il Vescovo di Porto Novo, Mons. Aristide Gonsallo, che si è dimostrato disponibile a conoscere la Congregazione e il suo carisma.
Nei lunghi e stancanti spostamenti in macchina, tra un luogo e altro, mi sono trovato diverse volte a riflettere sul fatto che, nel Benin, abbiamo avuto una crescita relativamente veloce, con prospettive molto consistenti di consolidamento e di sviluppo della nostra presenza. Veniva sempre spontanea, in primis, la certezza che tutto è stato fatto dalla Provvidenza regalandoci ogni realtà. Poi, mi veniva da pensare che la Provvidenza, in seguito all’accettazione di Malanville, ha, in un certo modo, premiato la generosità e la disponibilità della Congregazione, nel partire da un luogo povero e senza molte prospettive, un luogo dove la pressione islamica è così forte e rilevante che il massimo delle pretese pastorali è mantenere e sostenere i pochi cristiani, in maggioranza non originari del luogo, che vivono nella “diaspora”. Sono certo che il Signore ha guardato la condizione dei nostri religiosi: vivono in un contesto assai complesso e difficile (il clima è fastidioso anche per un africano), con la diversità delle lingue e la carenza di facili ed efficaci mezzi di comunicazione e anche di trasporto. Lascio a voi immaginare la fatica che richiede la presenza nella frontiera. Però, ho visto confratelli con il sorriso in faccia, contenti di essere orionini in quel posto, a servire la gente. Sicuramente, è anche per questo che la Provvidenza sta suscitando già, in alcuni giovani del Benin, il desiderio di essere orionini. Deo gratias!
d) Madagascar: una nuova apertura a Beroboka
È da poco che il Madagascar è stato costituito come “Delegazione” (2018). Negli ultimi anni si è lavorato molto per consolidare la nostra presenza nelle sedi tradizionali (Anatihazo, Antsofinondry e Faratsiho) e nelle recenti aperture (Ambanja e Miandrarivo). Non si pensava ad una nuova apertura, specialmente dopo la morte di Don Luigi Piotto e dopo qualche defezione. Tuttavia, la difficoltà di inviare i postulanti per il Noviziato in Costa d’Avorio e la chiamata di un Vescovo ci hanno fatto ripensare i progetti. Quindi, si è provveduto ad inviare alla Delegazione due sacerdoti missionari della Provincia “Notre Dame d’Afrique”: P. Saidou Emmanuel Marie ABDOU e P. M. Richard TAGBA. Con il loro aiuto è possibile programmare l’apertura del Noviziato per l’anno 2021-22 e una nuova presenza missionaria.
Siamo pronti a partire per Beroboka, nella diocesi di Morandava, dopo l’invito del vescovo Mons. Marie Fabien Raharilamboniaina, Carmelitano. Alcuni confratelli hanno già visitato la diocesi, tra cui il Delegato, Don Luciano Mariani, che ha mantenuto i contati con il Vescovo.
È lui che mi ha scritto: “Il Vescovo vuole donarci un distretto parrocchiale che dista 70 km da Morondava, sede della diocesi. C’è una chiesa centrale, che è luogo di culto già da 76 anni, con 19 quartieri sparsi su un territorio di 400km2, con circa 30.000 abitanti. Di questi quartieri solo sette hanno una piccola chiesa e tre scuole elementari. Il centro del Distretto è Boroboka, con una piccola chiesa e una scuola elementare con 200 alunni. Accanto alla Chiesa principale il vescovo ha già costruito la casa per i sacerdoti.”
Mi informa anche il Delegato che, prima di presentare la domanda al Consiglio generale, ha chiesto il parere dei confratelli di voti perpetui, radunati per i due giorni di formazione annuale, in occasione del 12 marzo: “dopo aver illustrato loro ciò che abbiamo visto, il desiderio della gente, l’apertura di orizzonti del vescovo, tutti hanno dato parere favorevole.” E conclude: “Se Don Orione fosse ancora vivo, avrebbe accettato subito di fronte alla sete di Dio e sete di educazione, di umanità che tanta gente avverte. Don Orione aveva un cuore grande, e perché noi non possiamo averlo?”. Quindi, Urge Partire!
e) “Querida Amazonia” orionina
“La Chiesa è chiamata a camminare con i popoli dell’Amazzonia.” (Cfr. QA 61). Questo appello di Papa Francesco sta risuonando fortemente nella Provincia “Nossa Senhora de Fátima” – Brasile Nord. Anche la Congregazione vuole camminare con i popoli dell’Amazzonia e, dopo l’apertura, nel 2004, della presenza a Buritis, ha promosso altre aperture nel cuore della Amazzonia: Candeias do Jamari (2018) e Boa Vista (2020).
Ultimamente, con qualche insistenza, un Vescovo in particolare, della Prelatura di Borba, Mons. Zenildo Luiz Pereira da Silva, chiede la presenza orionina. Tuttavia, nell’impossibilità di dare immediatamente il consenso ad una nuova apertura, ho suggerito al Provinciale di organizzare una missione di aiuto a quella realtà. Sarebbe un modo per conoscere meglio la regione, verificare le alternative di appoggio e dare un aiuto ad una chiesa bisognosa; alla Provincia, darebbe il tempo per riorganizzarsi, forse promuovendo una ristrutturazione delle presenze tradizionali e una migliore distribuzione del personale religioso.
Urge partire per l’Amazzonia! Chi vuole rispondere al grido di Don Orione?
“Urge partire”: i dinamismi del movimento di uscita
Ci sono altri movimenti missionari in gestazione nella Congregazione, alcuni di questi, all’interno delle proprie province o nazioni missionarie. Qualcuno un po' rallentato dalla situazione di emergenza sanitaria, ma qualcun altro, invece, in attesa di un sussulto di coraggio, di intraprendenza comunitaria e di profezia. Tuttavia, i dinamismi missionari di partenza non si riferiscono solo alle nuove aperture fuori dalle frontiere geografiche tradizionali della Congregazione. L’ “Urge Partire” di Don Orione, pronunciato in America Latina, si collega al movimento di “uscita” (“la Chiesa in uscita”) promosso da un Pontefice latino-americano, Papa Francesco.
Dal punto di vista missionario, “Partire” e “Uscire” sono verbi con un universo semantico molto ampio. La lunghezza di questa lettera mi permette solo di accennarli e lo faccio ricordando due interventi di Papa Francesco alla Famiglia Orionina. Ai Capitolari FDP, durante l’Udienza del 27 maggio 2016, ha detto delle parole che devono spingerci a recuperare la nostra identità di “preti che corrono”, di religiosi “in partenza”:
“L’annuncio del Vangelo, specialmente ai nostri giorni, richiede tanto amore al Signore, unito ad una particolare intraprendenza. Ho saputo che, ancora vivente il Fondatore, in certi luoghi vi chiamavano “i preti che corrono”, perché vi vedevano sempre in movimento, in mezzo alla gente, con il passo rapido di chi ha premura. “Amor est in via”, ricordava san Bernardo, l’amore è sempre sulla strada, l’amore è sempre in cammino. Con Don Orione, anch’io vi esorto a non rimanere chiusi nei vostri ambienti, ma ad andare “fuori”. C’è tanto bisogno di sacerdoti e religiosi che non si fermino solo nelle istituzioni di carità – pur necessarie – ma che sappiano andare oltre i confini di esse, per portare in ogni ambiente, anche il più lontano, il profumo della carità di Cristo. Non perdete mai di vista né la Chiesa né la vostra comunità religiosa, anzi, il cuore deve essere là nel vostro “cenacolo”, ma poi bisogna uscire per portare la misericordia di Dio a tutti, indistintamente.”
Alle nostre Suore, per occasione del loro Capitolo Generale, ha detto:
“Non mi stanco di ripetere che la comodità, l’accidia e la mondanità sono forze che impediscono al missionario di “uscire”, di “partire” e mettersi in cammino e, in definitiva, di condividere il dono del Vangelo. Il missionario non può mettersi in cammino con il cuore pieno di cose (comodità), con il cuore vuoto (accidia) o in cerca di cose estranee alla gloria di Dio (mondanità). Il missionario è una persona libera da tutte queste zavorre e catene; una persona che vive senza nulla di proprio, solo per il Signore e il suo Vangelo; una persona che vive in un cammino costante di conversione personale e lavora senza sosta alla conversione pastorale.” (26 maggio 2017)
In sintesi, le esortazioni di Papa Francesco ai figli e figlie di Don Orione vogliono provocarci a un ritorno alla centralità della “sequela Christi”. Così ha detto lui stesso a noi: “Siamo tutti incamminati nella sequela di Gesù. La Chiesa intera è chiamata a camminare con Gesù sulle strade del mondo, per incontrare l’umanità di oggi che ha bisogno del «pane del corpo e del divino balsamo della fede”, ma per questo è necessario un ulteriore “movimento missionario di partenza”: “Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi e ad annunciare la buona novella. Troverete la vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando.” (Lettera Apostolica a tutti i Consacrati, 21 novembre 2014).
Per dare testimonianza della presenza del Signore
Nell’inviare Don Contardi al Chaco, Don Orione disse: “Là ti mando nel Nome di Dio, e là ti aspetta il Signore!”.
Avevo promesso di ritornare a queste parole che, dicevo, sono di profonda sensibilità spirituale e di altissima teologia della missione, nonché della vita consacrata. Questo perché mettono in rilievo che la presenza del Signore Risorto nella Galilea della missione precede quella dei discepoli. In questo modo, Don Orione sta dicendo che Don Contardi non andrà al Chaco per “portare” il Signore, ma andrà per “incontrare” il Signore che è già là, per rendere visibile la Sua presenza e per servirLo nella persona dei poveri.
E come lo farà?
È bene ricordare la mia lettera precedente che, già nel titolo, “La Vita Fraterna come Missione”, indicava il principale luogo della testimonianza che siamo chiamati a dare alla Chiesa e al mondo. Era una riflessione a partire dall’Enciclica “Fratelli Tutti”, un testo – dicevo – “destinato a noi”: “Noi siamo chiamati a dare testimonianza della carità, della “fraternità vissuta” in comunità. Una fraternità fatta di accoglienza, di rispetto, di aiuto reciproco, di comprensione, di cortesia, di perdono e di gioia. E questo, nelle piccole cose quotidiane, ma anche nelle situazioni più elevate, come per esempio, nella convivenza con i fratelli di diverse etnie e nazionalità. La fraternità vissuta tra di noi, particolarmente in queste circostanze, è carismatica perché apre i nostri cuori alla fraternità verso tutti, ad avere un “Cuore senza confini!”.”
A conferma, ritorno ai due Vescovi del Benin. Ho già detto che il Vescovo di Dassa-Zoumé ci ha chiamato, soprattutto, in funzione della “testimonianza” che la Vita Consacrata può dare alla sua diocesi, citando la fraternità e la semplicità di vita. Aggiungo qui, però, altre parole del Vescovo di Kandi, Malanville, Mons. Clet che, nel salutare l’approvazione dell’apertura della Comunità, ha scritto al Provinciale: “Grazie per la prima comunità che si stabilirà nella parrocchia di Malanville, che quest’anno è rimasta senza sacerdote, per mancanza di agenti pastorali veramente pastori. Sarebbe bene che questi pionieri siano ben saldati insieme e si amino mutualmente in modo che lo spirito malvagio non li divida.”
Ho letto, devo confessare, con un certo tremore le parole del Vescovo. Quanta responsabilità per noi! In verità, però, il Vescovo sta solo esplicitando quanto è già detto dalle Costituzioni: “Instaurare omnia in Christo è il fine proprio della nostra vocazione; essere noi una cosa sola, come corpo di Cristo, è la forma della sequela e della nostra testimonianza. Infatti, avremo un grande rinnovamento cattolico se avremo una grande carità. Dobbiamo, però, incominciare ad esercitarla oggi tra noi. Perciò viviamo in comunità…” (Cost. Art. 49).
La testimonianza della vita fraterna è il proprium della vita consacrata e viene prima (in un senso non necessariamente cronologico) dell’apostolato. Meglio: è il nostro apostolato. È la forma per rendere visibile la presenza di Cristo nella Galilea delle genti. In un contesto frammentato e di tante divisioni e fratture, la vita fraterna possiede una forza di attrazione enorme. Come diceva il Papa Benedetto XVI, la Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione, cioè, attraverso la testimonianza di una vita gioiosa e fraterna (Cfr. EG 14). È per questo che Don Orione, nell’inviare P. Contardi al Chaco, il 6 febbraio 1937, promette: “Ti darò un hermano e, quanto prima, ti manderò anche un sacerdote buono in aiuto. Urge partire!”. Si creano, così, delle condizioni perché di loro, e dei discepoli-orionini di tutti i tempi, si possa dire: “erano assidui… nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”.
L’Anno Vocazionale Orionino
Il 12 marzo ultimo, ho annunciato la celebrazione dell’Anno Vocazionale Orionino, dal 23 giugno 2021 fino al 23 giugno 2022, per festeggiare i 150 anni della nascita di Don Orione, “Padre delle Vocazioni”. Anche Sr. M. Mabel Spagnuolo ha fatto lo stesso per le Piccole Suore Missionarie della Carità.
Abbiamo pensato che il modo migliore per celebrare questo giubileo orionino è darle un senso e un contenuto vocazionale. Non era nelle nostre intenzioni aggiungere al calendario delle Province e Comunità, già strapieno di impegni, un’attività in più, accanto ad altre, bensì vogliamo che ogni nostra attività o impegno in questo periodo sia “vocazionalizzata”.
Partiremo con una “Tavola Virtuale Vocazionale” in tre sessioni: Sessione Europa il 4 maggio; Sessione America il 10 maggio; Sessione Africa e Asia l’11 maggio. In questi incontri, si farà una valutazione sull’organizzazione dell’animazione vocazionale nelle diverse province e si promuoverà uno scambio di idee sulle iniziative che possiamo assumere insieme per vivere bene questo “tempo” vocazionale.
Quest’anno celebreremo in Congregazione diverse ricorrenze che sono il risultato delle risposte che tanti hanno dato a quel “Urge partire” di Don Orione. Qualcuna, ricorda che è stato lui stesso a mettersi in movimento. Elenco alcune di queste che possono essere delle opportunità per promuovere la dimensione vocazionale in Congregazione:
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12 giugno: centenario dell’inaugurazione dell’Istituto professionale Pietro e Maria Berna, in Mestre (Venezia).
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4 agosto: Centenario della partenza di Don Orione verso l’America Latina; sul piroscafo Principe di Udine, Don Luigi Orione, accompagnato da Don Mario Ghiglione e Don Camillo Secco, parte da Genova. Arriverà in Brasile, a Rio de Janeiro, il 19 dello stesso mese.
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29 agosto: con una solenne celebrazione nel Santuario di Bonoua si concluderanno i festeggiamenti per il 50° dell’inizio della missione in Costa d’Avorio; la celebrazione avrà forte contenuto vocazionale con la professione perpetua e l’ordinazione sacerdotale di alcuni chierici;
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25 ottobre: 30° di morte di Don Giuseppe Masiero, 5° successore di Don Orione; Il Signore lo chiamò a sé, assieme a Don Angelo Riva e Don Italo Saran, e a un giovane volontario, Rafael Angel Villanueva Escobar, quando durante un viaggio in Venezuela, un incidente stradale ne arrestò il cammino.
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3 novembre: 75° morte di Don Giulio Cremaschi, per 33 anni il Maestro dei Novizi della Congregazione.
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13 novembre: Centenario dell’arrivo di Don Orione in Argentina.
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25 dicembre: 25° della presenza Orionina in Kenya; don Giuseppe Vallauri ci teneva molto a questa data e adesso benedirà i confratelli del Kenya dal Cielo.
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11 gennaio 2022: 70° dell’inizio della Missione nell’allora “Nord Goiás”, Tocantinópolis – Brasile; hanno dato inizio alla missione Don Egidio Adobati, Don Andrea Alice e il Fr. Giuseppe Serra; il 25 di gennaio due di essi muoiono nel fiume Tocantins: Don Adobati e Fr. Serra. Nonostante, la Congregazione mantiene la missione.
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21 febbraio 2022: Centenario della lettera sul Metodo Cristiano Paterno.
Carissimi Confratelli,
torno con il pensiero ad un’immagine che mi è rimasta nella memoria. Eravamo in visita al terreno di Porto Novo, nel Benin, e siamo andati verso il mare vicino. Sulla spiaggia ho visto una barca, che sembrava abbandonata, e mi è venuta in mente una canzone vocazionale brasiliana di P. Zezinho; dai tempi del seminario minore. Ecco una parte:
Há um barco esquecido na praia
Já não leva ninguém a pescar
É o barco de André e de Pedro
Que partiram pra não mais voltar.
Quantos barcos deixados na praia
Entre eles o meu deve estar
Era o barco dos sonhos que eu tinha
Mas eu nunca deixei de sonhar
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Quanta vez enfrentei o perigo
No meu barco de sonho a singrar
Jesus Cristo remava comigo
Eu no leme, Jesus a remar
De repente me envolve uma luz
E eu entrego o meu leme a Jesus
É preciso pescar diferente
Que o povo já sente que o tempo chegou
E partimos pra onde ele quis
Tenho cruzes, mas vivo feliz.
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“Urge Partire!” Continua a ripetere Don Orione a ciascuno di noi. “Le Missioni non sono cosa da prendersi alla leggera. Le missioni sono un grande campo di apostolato (…) È una cosa da prendersi seriamente, proprio con quello spirito che è il midollo del santo Vangelo. Se la voce di Dio parlerà al cuore di qualcuno di voi, se la chiamata all’apostolato di fede e di carità qualcuno l’avrà sentita nel suo cuore, chiamata a più alto apostolato, faccia domanda. Si terrà conto della salute, degli studi, di tante cose. Quelli che saranno ritenuti idonei potranno prendere il mare e andare…” (Parole Vol. X, p. 63).
Fraternamente,
P. Tarcísio G. Vieira
Direttore generale
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