Non si può fare del bene stando col muso, con la malinconia, con la tetraggine.
Venerdì, 22 Settembre 2023
23 Marzo 2016
2016 Pasquae - La chiamata di Matteo, Gesù è venuto a cercare i peccatori.

Pasqua 2016

Carissimi Fratelli e Sorelle del
Gruppo di Preghiera per le Vocazioni

La chiamata di Matteo – Gesù è venuto a cercare i peccatori

La Pasqua è il culmine della missione di Gesù che è venuto a dimostrare quanto Dio ama gli uomini. Dio vuole che gli uomini credano che veramente Lui non vuole il male di nessuno e anziché condannare gli uomini, preferisce lui stesso lasciarsi crocifiggere nella persona del suo Figlio. E lo fa, perché Egli è Amore e Misericordia, perdona sempre e vuole che gli uomini credano veramente e facciano altrettanto. Solo coloro che credono, diventano capaci di uscire dal peccato che vuol dire “fallimento”, da tutti i fallimenti che li bloccano e li chiudono in sé stessi, separano da Dio e dagli altri. Gesù ha il potere di liberare l’uomo da questo male e dal peccato e di rimetterlo in piedi per fargli vivere una vita nuova.

Carissimi, voglio offrirvi questa riflessione circa il bene e il male, ispirata alle meditazioni di P. Silvano Fausti.

Leggiamo il brano del Vangelo di Matteo: Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mt 9, 9-13)

Nel brano del Vangelo riportato sopra leggiamo come Gesù chiama il pubblicano, identificato con Matteo, poi insieme con i suoi discepoli va a casa sua e si fa commensale con lui e con i suoi colleghi. Ciò scandalizza i farisei, per cui Gesù risponde loro spiegando proprio che in questo consiste la sua missione di salvatore.

Invece a noi, che tutti i giorni ci sforziamo di vivere secondo i precetti del Signore, capita spesso che stentiamo ad accettare i peccatori. E generalmente, siamo in grado di accettarli solo quando questi si convertono. Gesù invece li accetta prima che questi si convertano, non perdona il peccatore perché si converte, ma lo perdona prima, perché questi possa convertirsi. Si potrebbe dire che Matteo non viene chiamato perché convertito, ma si converte perché è chiamato. La Chiesa non è fatta di giusti, ma di peccatori perdonati, sempre bisognosi di ricevere e dare perdono. I cristiani non vivono della propria giustizia, ma della sua “grazia”: graziati dal Signore, usano grazia gli uni verso gli altri.

La vita è spesso confusa e non sempre tutto appare trasparente. A volte succede che il male sembra bene e riesce bene, mentre il bene sembra male e riesce male; qualche volta vince il cattivo e il buono perde. Inoltre il bene, anche quando c’è, è sempre frammisto con un male. E noi, a volte creduloni o ingenui, quando ce ne accorgiamo, è troppo tardi: abbiamo già fallito.

Per capirlo, occorre prendere atto del fatto che il Regno di Dio c’è già, ma non è ancora compiuto, perché siamo alla fatica della semina e della pesca, non ancora nella gioia del banchetto. E il Regno di Dio non entra nel mondo in modo trionfale, ma entra così com’è, s’incontra e scontra con il male e le resistenze; il mondo stesso entra di nascosto nel Regno, talmente che il bene sembra fallire. E anche se alla fine il bene vince, noi vorremmo che esso sia incontrastato, pulito e visibile, tuttavia esso viene combattuto e frammisto al male, a volte nascosto e insignificante.

Gesù ha subito il male nella propria persona, con tutte le sue conseguenze, per questo vuole spiegarlo meglio con una parabola che permetta di vedere più in profondità questo problema, dal punto di vista divino: il bene è vittorioso nella propria sconfitta e nel perdurare stesso del male. Leggiamo nella parabola della zizzania: “Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò.” Il male non appare subito, all’inizio è irriconoscibile, si confonde con il grano e sembra addirittura buono. E dopo, quando diventa riconoscibile, è già così ben radicato che strappandolo, si sradica lo stesso grano. Per questo Gesù dice di lasciarli crescere ambedue insieme.

La storia e ogni singolo uomo è un campo di battaglia: dove il Signore semina con cura il bene, il nemico con astuzia semina il male. Per questo la Parola di Dio incontra sempre ostacoli che possono impedire il suo sviluppo e deve fare i conti con un parassita ineliminabile, il male che non solo è fuori, ma anche dentro la comunità e nel cuore di ciascuno.

In questo modo il male implicitamente incolpa sempre Dio, suggerendo che Egli sia cattivo, o impotente, o indifferente. Dio lo sa e darà la sua risposta dalla croce. Comunque, il male non ha come principio Dio, se l’avesse creato Dio, non sarebbe Dio. D’altra parte, se il male si identificasse con l’uomo, l’uomo non l’avvertirebbe né potrebbe esserne liberato. Se dunque il male c’è, quindi viene dal nemico e non è originario, ma parassitario.

Siccome il bene non solo viene ostacolato dal male, ma addirittura si mischia con esso, la Chiesa si ritrova invischiata con il male, dentro e fuori. Per questo possiamo capire che il popolo di Dio è sempre allo stesso tempo santo e peccatore, a volte forse più peccatore che santo. Tuttavia è “questo” il mondo che Dio ha tanto amato da dare per lui suo Figlio. Il trionfo del bene sarà solo alla fine, e per opera di Dio. Prima è il tempo della pazienza, nostra e sua, che vede il male nostro e altrui come luogo di misericordia, rispettivamente ricevuta e accordata. Vediamo che la Chiesa non è un gruppo esclusivo solo per i giusti, ma è un posto per tutti, anche per i peccatori.

Dobbiamo stare attenti, quando vogliamo sradicare le zizzanie, perché volendo formare una comunità cristiana perfetta, senza difetti, nel tentativo di eliminare il male “a fin di bene”, involontariamente si viola la libertà. Mentre la vittoria di Dio sta proprio nel pieno rispetto della libertà umana e anche della sua. Il Signore permette il crescere insieme di grano e zizzania, perché i nostri limiti e i nostri mali non sono da eliminare, ma da prendere in modo diverso.

La Chiesa che da una parte è tentata di strappare il male con violenza, dall’altra è chiamata a vincerlo con il bene, facendolo oggetto di misericordia anziché di condanna. Il male non guasta il bene, ma collabora al suo pieno trionfo: mediante la misericordia diventiamo figli del Padre. Dio, se nel bene si rivela come dono, nel male si rivela nella sua essenza più intima e propria: come per-dono, amore senza condizioni e senza limiti. Per questo Dio lascia le zizzanie, perché conosciamo lui come grazia, diventando noi stessi figli che ricevono e danno amore gratuito.

Le radici delle zizzanie sono così forti e diffuse che, chi le sradica, sradica anche il grano. Nella parabola il grano è la vita di Dio che è misericordioso e clemente, longanime e di grande amore, che si lascia impietosire davanti al male, si rivela per quello che è: amore senza condizioni. Chi è spietato, senza pazienza ed esigente, distrugge il grano - la vita di Dio che è in lui.

Dunque il Signore ci chiede di lasciar crescere il male insieme con il bene e invece di eliminarlo, usando violenza e violando la libertà, chiede che se ne faccia il luogo del massimo bene: la misericordia. In questo modo si diventa figli perfetti come il Padre. E il nostro atteggiamento davanti al male ci dà la nostra identità divina, la cui misura è la misericordia che riceviamo e accordiamo. E le zizzanie ci aiutano a diventare “grano”, simili a Dio che non giudica, non condanna, ma assolve, dona e perdona tutto. Dunque, se Dio ha fatto il mondo bello, il male, se affrontato in unione con Cristo, può diventare l’occasione per renderlo migliore.

Don Silvestro Sowizdrzał FDP

 

sj.

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